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    “IL MALE DEL NORD”, IL MIO NUOVO LIBRO

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    CI AVEVANO DETTO CHE IL SUD È IL PROBLEMA, INVECE È LA SOLUZIONE

    Il covid-19 è il messaggero (più del telefonino) venuto ad annunciare e sancire la fine della civiltà industriale e la diffusione planetaria di quella informatica; la fine del modello economico che si basa sulla concentrazione di tutte le risorse e delle possibilità in poche megalopoli che crescono a spese di tutto il resto, generando disuguaglianze sociali e territoriali: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri, servizi ultramoderni per pochi e nulla per gli altri (autostrade superflue e altra velocità ferroviaria sovradimensionata a Nord, non a Sud, e persino nemmeno il treno a velocità qualsiasi). Il virus ha imperversato e imperversa proprio nelle cattedrali delle disuguaglianze, inducendo all’abbandono delle megalopoli (si stanno svuotando New York, Los Angeles, San Francisco… e ci si trasferisce nelle aree finora semispopolate; in Italia, la migrazione di centinaia di migliaia di persone in fuga dalla Lombardia verso il Sud ha dato la rappresentazione anche visiva dell’inversione della storia e dei valori, ha scritto il quotidiano spagnolo El Pais).

    L’isolamento e il ritorno ai paesini abbandonati del Mezzogiorno e delle aree appenniniche interne, causa virus, ha confermato per alcuni e fatto scoprire a tutti gli altri che la presenza fisica sul posto di lavoro è raramente necessaria e si può far tutto o quasi “da remoto”, da quei borghi da cui si era fuggiti e che ora vengono riabitati.

    Il futuro è nelle zone in cui sembrava si stesse perdendo non solo il presente, ma anche il passato: il Sud (più le aree interne appenniniche e qualche zona alpina) colpevolmente condannato dallo Stato italiano, nonostante i ripetuti richiami dell’Unione Europea lasciati cadere nel vuoto, a unica macroregione del continente senza servizi e infrastrutture di livello europeo. Tanto che l’UE, nel piano di ripartenza finanziato con 173 miliardi, dice esplicitamente che vanno provilegiati il Mezzogiorno, perché a più alto differenziale di sviluppo e il recupero delle aree interne. Alla stessa conclusione giungono le analisi e i rapporti di economisti di università diverse (Bolzano, Barcellona, Napoli, Bari, Cosenza…) e la Svimez.

    È l’ultima occasione per fare un Paese dell’Italia, mai davvero unita e costruita a mano armata con un Nord che ha fondato la sua crescita sullo sfruttamento del Sud colonia interna.

    PERCHÉ O SI FA L’ITALIA DA SUD O SI MUORE

    Pino Aprile

    Giornalista e Scrittore


    “Fa’ quel che devi, accada quel che può”, è la mia regola. Se ti fai condizionare dai rapporti di forza (ma “loro” hanno tutto: giornali, tv, soldi, potere…) o dalle conseguenze possibili (non otterrai nulla, in compenso ti schiacceranno) non troverai mai il momento giusto per agire. Mentre l’unica cosa che conti è la ragione di agire: se c’è, fallo. E basta. Come? Don Luigi Sturzo disse: chi sa scrivere scriva, chi sa cantare canti, chi ne è capace, faccia politica. Sono nato nel 1950, sono cresciuto in una casa popolare, ho avuto ottimi genitori. Quello che ho scritto mi ha caricato di responsabilità verso gli altri e il futuro (ho un nipote…) e ora devo risponderne. Sono qui per questo.

    2 Commenti

    1. Esiste uno studio che mostri le condizioni economiche del Nord (specialmente Piemonte e Lombardo-Veneto) prima e al momento dell’unità d’Italia?

      • Paolo Malnima e Vittorio Daniele: “Il divario Nord-Sud, in Italia. 1861-2011”
        Vittorio Daniele: “Il PAese diviso. Nord e Sud nella storia d’Italia”
        Francesco Saverio Nitti: “Nord e Sud”
        Nicola Zitara: “L’invenzione del Mezzogiorno”

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