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    E IL SUD SI FA FREGARE. REGIONI “ORDINARIE” SOLO ABRUZZO E MOLISE. MENTRE LA LOMBARDIA…/ di Pino Aprile

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    Tutte speciali meno due: Abruzzo e Molise! A mano a mano che emergono dettagli, questa faccenda del trasferimento di competenze dall’amministrazione centrale dello Stato alle Regioni, si sta rivelando molto più seria e devastante di quanto sembrasse. Appare, finalmente, nella sua vera dimensione: una colossale pagliacciata che può distruggere il Paese. Cosa che non è detto sia poi una tragedia: se il Paese dev’essere così, meglio perderlo che trovarlo. E non è una esagerazione.

    Andando a vedere nelle carte con cui la Regione Lombardia preveede il passaggio di poteri, si scopre che, sia pure in forma più sfumata (sono più paraculi, per usare termini all’altezza di certi eminenti e sedicenti costituzionalisti applicatisi a questa materia), chiede esattamente quello che vuole il Veneto: diritti, per quantità e qualità, rapportati al reddito regionale. Quindi, “tutti uguali” significa che più soldi hai, più sei uguale. E il trasferimento di risorseè studiato in modo tale che allo Stato e alle Regioni povere restino il debito nazionale e una amata ceppa.

    Ma ricapitliamo le cose: per via della demolizione della Costituzione operata dalla Lega in questi decenni, con la complicità del centrodestra e del centrosinistra, le Regioni possono chiedere di gestire direttamente una serie di compiti ora assegnati allo Stato. Sono questioni che riguardano la scuola (dal sostegno a quella privata, all’edilizia scolastica e l’accesso all’università sino a poter assumere al Nord gli insegnanti, tenendo fuori, di riserva e come scarto, i terun de merda), la cassa integrazione, gli aiuti alle imprese, le autorizzazioni per elettrodotti, gasdotti e oleodotti, strade, autostrade, porti e aeroporti, la definizione della quantità di migranti da accettare; lprevidenza complementare, contratti dei dipendenti della Sanità, le Soprintendenze, protezione civile, Vigili del Fuoco, poter avere voce in capitolo anche in alcune questioni della Comunità europea… Insomma, di tutto di più, sino a 23 capitoli. Allo Stato resterebbe poco più che accendere la luce e spegnerla, ma senza i soldi per cambiare le lampadine.

    Le Regioni possono richiedere da zero a 23 (ovvero tutte) di queste competenze e ognuna contrattare la cosa con il governo. Quindi, Regione per Regione, cambierebbe il numero di servizi gestiti dallo Stato, da tutti a nessuno; cambierebbero i diritti dei citaddini italiani fuori dalla propria regione (siete mai andati in farmacia con la ricetta del vostro medico, ma in un’altra regione?); e sarebbero diverse le modalità del servizio e le risorse destinate. Totale, il caos distruttivo: il Veneto vuole tutte e 23 le competenze, le altre Regioni, a scalare, sino alla Campania che si accontenta di tre, mentre Abruzzo e Molise per ora non ne vogliono manco una.

    In teoria, dall’ente statale a quello regionale dovrebbero passare dei poteri e le risorse che lo Stato impiega per quei compiti che, quindi, avrebbero soltanto un capo a Milano, a Bologna, eccetera, invece che a Roma; di fatto, la secessione con il trucco, demolisce l’intero sistema. La spudoratezza del Veneto ci aiuta a chiarirlo, perché chiede che la quantità delle risorse sia rapportata alla popolazione, al territorio e al gettito fiscale. Vuol dire che chi è più ricco deve avere di più. E quel di più arriva al 90 per cento del totale (per ora?). La Lombardia è meno esplicita, persone maliziose penserebbero che lo fanno per confondere le idee, ma noi non oseremmo, giusto? Infatti, nella risoluzione ufficiale approvata sotto la prersidenza Maroni, si scrive di “un percorso graduale in cinque anni affinché il sistema di finanziamento delle funzioni diverga progressivamente dal criterio della spesa storica a favore delle capacità fiscali per abitante”. Ovvero, se non è zuppa veneta, è pan bagnato lombardo.

    La cosa incredibile è che persino le Regioni meridionali si sono messe infila per chiedere il trasferimento di competenze (chi più, chi meno: si parla, ovvio, solo di quelle a Statuto ordinario, ché quelle a Statuto speciale sono già fuori norma). Come iscriversi a un campionato, sapendo che ci sono delle squadre che possono comprare 11 Ronaldo in campo e tu schieri i ragionieri che giocano a calcetto la domenica.

    Invece di coalizzarsi contro la certificazione ufficiale della loro condizione di colonia, i presidenti delle Regioni del Sud scimmiottano chi le tiene in quella condizione. Perché la furbata lombardo-veneta è luciferina: con il “trasferimento di competenze e risorse”, quelle Regioni diventano veri e propri Stati indipendenti, ma ufficialmente sono sempre “in Italia”, a cui, però, non lasciano di fatto un soldo, ma tutto il debito. Ovvero: come andarsene con il malloppo, senza ufficialmente separarsi. Poi, beh, se il sistema non tiene, che è colpa mia? Debito? Regioni alla fame? Rimboccatevi le maniche (loro lo hanno fatto per infilare le braccia nella cassa e scappare con il bottino).

    Qualcuno ha perso la testa e gli altri pare che non ce l’abbiano. Ci tengono occupati con “gliela facciamo vedere noi ai migranti e all’Europa”, mentre ci sfilano il portafoglio.

    Pino Aprile

    Giornalista e Scrittore


    “Fa’ quel che devi, accada quel che può”, è la mia regola. Se ti fai condizionare dai rapporti di forza (ma “loro” hanno tutto: giornali, tv, soldi, potere…) o dalle conseguenze possibili (non otterrai nulla, in compenso ti schiacceranno) non troverai mai il momento giusto per agire. Mentre l’unica cosa che conti è la ragione di agire: se c’è, fallo. E basta. Come? Don Luigi Sturzo disse: chi sa scrivere scriva, chi sa cantare canti, chi ne è capace, faccia politica. Sono nato nel 1950, sono cresciuto in una casa popolare, ho avuto ottimi genitori. Quello che ho scritto mi ha caricato di responsabilità verso gli altri e il futuro (ho un nipote…) e ora devo risponderne. Sono qui per questo.

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