FONDI COESIONE E 34% A RISCHIO. MINISTRO PROVENZANO, E SOTTOSEGRETARIO TURCO: NO
“L’Italia è finita”, sembrò un titolo esagerato, ad alcuni: racconta quello che sta succedendo, e perché, anche se uscito due anni fa. Preveggenza? Figurati: lo diceva già Indro Montnelli molti anni prima
Il destino dell’Italia si gioca in questi giorni, forse, in queste ore: dipenderà da come finisce lo scontro fra chi pensa di “tornare a prima del Covid-19”, ovvero al Paese diviso fra chi si arroga tutti i diritti e i meriti (ma la gestione dell’epidemia ha dimostrato quanto sia presuntuoso e falso), e chi è ritenuto titolare di minori diritti (lo si vorrebbe persino sancire costituzionalmente, con l’Autonomia differenziata) per la sua pochezza e incapacità (ma la gestione dell’epidemia ha dimostrato quanto sia presuntuoso e falso, pur se lo insegnano da cattedre in “Tutta colpa del Sud” generosamente elargite). Il modo in cui si vorrebbe tornare a “prima del Covid-19” è lo stesso che ha creato l’Italia duale: una parte che rastrella risorse (e non “restituisce”, come ha detto il ministro al Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano e confermano economisti non schierati) e una parte tenuta in stato coloniale, cui sottrarre risorse e diritti.
L’APPELLO L CAPO DEL GOVERNO: LA RIPARTENZA SIA MERIDIONALE
Le proposte allo studio del governo sono le peggiori possibili: rubare i fondi per lo sviluppo e la coesione, FSC, destinati al Sud e darli a chi è stato capace di buttare da 21 a 50 milioni (non si sa ancora), per attrezzare in un mese una dozzina di posti letto di terapia intensiva, mentre gli incapaci e ladri, a Napoli, in 30 ore, costruivano un ospedale (non solo tirando su tramezzi in un edificio esistente), per 72 posti letto, spendendo 7 milioni. E vorrebbero pure sospendere la clausola, appena imposta, del 34 per cento della spesa pubblica al Sud, almeno proporzionale alla popolazione!
Questo, mentre centinaia di cittadini (primi firmatari, decine di docenti universitari, intellettuali, imprenditori) lanciano una lettera dal Sud al capo del governo, per dire che la ripartenza dalla tragedia non può che essere meridionale, perché le circostanze lo consentono, senza rischiare, e perché l’Italia è giunta al punto di rottura: o si avvia il recupero del divario Nord-Sud (frutto di scellerate scelte politiche e discriminatore a danno del Mezzogiorno, in un secolo e mezzo), o il Paese non reggerà alla brutalità di questo ennesimo strappo e si spezzerà.
LA PAROLA D’ORDINE: “FOTTERE IL SUD”
A livello di governo e dintorni, ormai c’è chi dice, esplicitamente, che “bisogna fottere il Sud” (la disperazione degli incapaci e ladri fa cadere le finzioni ed emergere la vera natura delle cose). E i trombettieri di regime coloniale annunciano la secessione possibile del Nord, se non potrà ancora saccheggiare il Sud, mentre si dice stufo di mantenerlo (e sono pure bugiardi, visto che ormai anche la Gazzetta di Paperopoli, non i giornali del Nord, non la Tv di Stato, salvo eroiche eccezioni, vedi Report, pubblica che l’ente di Stato Conti Pubblici Territoriali, gli studi della Svimez, le ricerche dell’Eurispes, eccetera eccetera eccetera, dimostrano che ogni anno son sottratti al Sud, dalle risorse che gli spetterebbero, almeno 61-62 miliardi. Quindi: chi mantiene chi?
Più volte, il giornale portavoce della Confindustria, il Sole24ore, nelle settimane scorse, aveva riportato “voci” chiaramente ispirate da ambienti ministeriali, senza dire quali, secondo cui “era allo studio” l’idea di “riprogrammare” i fondi per lo sviluppo e la coesione, eliminando il vincolo della destinazione. Che voleva semplicemente dire: i soldi del Sud, ce li prendiamo al Nord, e chissene pure del vincolo del 34 per cento (infatti il ministro ai Trasporti, purtroppo Paola de Micheli, Pd, nella ripartizione di parte dei fondi per il rinnovo dei parchi degli automezzi per il trasporto urbano, assegnò tutto alle città del Nord, meno una del Sud: l’equità di lorsignori). La mossa di oggi, quindi, viene da lontano.
IL MINISTRO DEL MEZZOGIORNO E IL SOTTOSEGRETARIO ALLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA: IL SOLDI DEL SUD NON SI TOCCANO
C’è da dire che, nel pieno del casino suscitato dalla divulgazione della proposta giunta sul tavolo di governo, ci sono due esponenti di peso del governo che sono venuti allo scoperto: il ministro al Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega alla programmazione economica, Mario Turco. Provenzano, a cui ho chiesto cosa dobbiamo aspettarci, ha risposto: «Quelle proposte non sono le mie. Non sono state nemmeno discusse nel governo. Ma la clausola della sospensione del 34 per cento non passa, non può passare; io la sto già applicando. Quando ai fondi FSC, sviluppo e coesione, ho già detto pubblicamente che sono già stati programmati e non è previsto il loro trasferimento». Ricordo che questo, il ministro lo scrisse già replicando al Sole24ore. Ma… se il governo dovesse decidere diversamente? «Prima di essere chiamato a fare il ministro, ero vice direttore dello Svimez, e il mio compito fu documentare la fine che facevano i fondi destinati al Sud, invece di essere investiti a Sud. Ora quei fondi dipendono dal mio ministero. E non intendo sprecare questa occasione di rilancio a partire da Sud».
E il sottosegretario Turco, ha diffuso una nota in cui si legge: “Anche se l’Italia è alle prese con l’emergenza coronavirus, non subiranno alcuna modifica le norme per il Mezzogiorno”. Spiega che il documento “L’Italia e la risposta al covid-19” è solo “una bozza di lavoro propedeutico ad uno studio del Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica”, non ancora sottoposta “perché incompleta, al vaglio dell’autorità politica”. Sulla determinazione del ministro Provenzano e del sottosegretario Turco, non ci sarebbero dubbi, a giudicare dalle loro parole (che, se non risultassero coerenti con le azioni, si ritorcerebbero contro). Ma il documento è stato prodotto e qualcuno lo ha fatto arrivare alla stampa, spiazzando non solo il ministro Provenzano e il sottosegretario Turco (in quota uno al Pd, l’altro ai cinquestelle), ma forse lo stesso Conte. Un capitolo di quel documento più esplicito non potrebbe essere: “Proposta di sospensione della clausola del 34%”; e altrettanto per i fondi FSC. Qualcuno lo ha scritto e prima che il governo ne discutesse, divulgato (meglio così, a questo punto, qualunque sia stata l’intenzione, se far passare la cosa per già fatta o per stroncarla). Provenzano dice: non passa, e nella nota del sottosegretario Turco, lo di dice due colte: “le soluzioni alla crisi economica connesse con il coronavirus non vanno ricercate modificando le norme a tutela del Mezzogiorno”, e quindi “è impensabile sospendere la clausola che destina il 34% delle risorse dei Fondi Ordinari per la spesa in conto capitale al Sud. Così come il criterio di ripartizione dei fondi Fsc”: tutte misure “per garantire una maggiore equità territoriale” (parole sante…, le ultime due, per fatto quasi personale).
SE ANCOR UNA VOLTA LA FURIA PREDATORIA DEL NORD DOVESSE PREVALERE, L’ITALIA SI SPEZZEREBBE
Lo scontro si preannuncia duro, quindi. Abbiamo tutti il dovere di operare e sperare che ci si possa salvare insieme, perché in una gara planetaria, meglio essere più grandi che più piccoli; ma se più grandi e divisi, in un conflitto irrisolvibile, allora, meglio piccoli coesi e forti, senza dover a che fare con il peggior nemico in casa.
Le grandi tragedie sono occasione di verità e di scelte definitive; sono i momenti in cui si decide se continuare nel modo che ha portato al disastro o cambiare totalmente indirizzo.
L’Italia è migliore di come ce l’hanno descritta e ce la descrivono: un Nord onesto, efficiente e generoso con il Sud disonesto, incapace e sprecone.
Questo racconto, su cui è stata costruita una economia, non regge più; e quella economia non è più possibile, appartiene al tempo delle colonie; il Sud s’è scetato: o un Paese che sia lo stesso per tutti nei diritti, o non ci sarà più (la finzione di) un Paese, ma due.
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