“Storia in rete” chiude. Non è ancora una certezza, ma l’andamento delle uscite, diradate da mensili a… quando capita, la foliazione che si riduce, il ritiro solo sul web mostrano che il destino è segnato. La rivista tentava una rivisitazione storica, da destra e in chiave sabaudista, anche del periodo risorgimentale. Operazione che però includeva apporti, chiaramente osteggiati persino all’interno della redazione, di contributi “controcorrente” e di parte duosiciliana. Una navigazione difficile, con qualche scivolone di troppo, che ha comunque meritato attenzione, per lo sforzo del fondatore e direttore Fabio Andreola. Su poche cose si poteva essere d’accordo, ma su una sì: il modo giornalistico di sentire l’altra campana, magari ogni tanto, magari per urlarle contro, ma dando un’opportunità di discuterne, finché ne potesse valer la pena.
I giornali sono come le persone: quelle interessanti si fanno amare o odiare, ma non lasciando indifferenti. Quando chiudono, anche se non ti piacciono, è un impoverimento.