Sono ignorante, non capisco, ma mi incazzo lo stesso.
Da tarantino, mi ero detto: ma lascia perdere, ormai non serve a niente, è chiaro, se pure il diritto dice che Taranto non ha diritti, non deve averne: è terra e carne persa. Tutti i diritti sono dell’acciaio e la tua culla (sono cresciuto ai Tamburi) è solo la bara di una comunità al servizio dell’altoforno.
E però, e però… anche la colpa del silenzio dobbiamo avere?
Adesso ci dicono che Taranto non è nemmeno in grado di decidere su stessa, ovvero su quello che il Mostro siderurgico fa alla città. Mostro, in senso latino, per la dimensione (è il doppio della città) e per le conseguenze (il tarantinicidio in atto da decenni, per scelta politica di governi di ogni colore: di centrosinistra, di centrodestra, tecnici e a pois).
I giudici dell’Appello hanno sentenziato che i loro colleghi di Taranto che, nel 2021, per la strage di cittadini condannarono dirigenti dell’ex Ilva, politici, amministratori pubblici, non potevano garantire sufficiente “terzietà”, ovvero distanza fra sé e i fatti da giudicare, perché vivendo a Taranto (tutti? Siamo sicuri? E se qualcuno abita fuori, ma ha una zia in città, vale lo stesso? E se avesse solo un cugino di terzo grado?), potrebbero essere stati influenzati da quello su cui dovevano deliberare, avendone direttamente o indirettamente patito, forse, le conseguenze (morti di familiari, tumori, malattie di ogni tipo, la corrosiva polvere dell’acciaieria sulla vernice dell’auto nuova…).
Accidenti: ma come hanno fatto i giudici di Palermo a deliberare sulla mafia locale? Peggio (mi fa notare un amico avvocato): e quando il Comune in cui vive anche il giudice si costituisce parte civile nei processi di mafia, il magistrato deve trarsi fuori, perché “coinvolto”?
E del crollo e le vittime del ponte Morandi come mai se ne sono occupati i giudici di Genova? E per la bomba e il massacro alla stazione di Bologna, quelli di Bologna?
E se ci fosse un attentato (ne abbiamo avuti) contro il nostro Paese, i tribunali italiani sarebbero inadatti a deliberare, facendo parte della comunità aggredita ed essendo istituzione dello Stato preso di mira?
Sicuramente ci sono ottime, finissime spiegazioni giuridiche che superano e ridicolizzano queste grossolane osservazioni. Ma le comprenderanno fra loro e loro “saputi” di diritto, temo. Forse. Da cittadino, per dire, non sono riuscito a capire come un magistrato abbia stabilito che l’ex ministro Scajola non si sia accorto che qualcuno, di nascosto, durante l’atto notarile, gli pagava casa con vista sul Colosseo. Né son riuscito a capire come, se qualcuno fa sparire 49 milioni, il giudice possa “condannarlo” a restituirli in 80 anni, ovvero quando la refurtiva, solo di interessi, avrà reso il triplo a chi ha fatto il colpaccio. Brutta cosa l’ignoranza.
L’ignoranza è una trappola. Per esempio: avevo letto la Costituzione (e pure riletta, per essere sicuro) e mi ero convinto che i cittadini italiani fossero tutelati allo stesso modo ovunque, nel loro Paese. Invece, il diritto alla salute, a Genova, comporta la chiusura e distruzione dell’impianto per la lavorazione a caldo dell’acciaio e la ricollocazione dei lavoratori senza perdite di reddito, anzianità, qualifica. E la lavorazione a caldo, ci si rinuncia? No, viene trasferita a Taranto, dove quella tutela della salute non vale, si scopre. Quindi, i genovesi non devono ammalarsi e morire, i tarantini sì.
C’è una latitudine a cui, verso Sud, la Costituzione diviene inefficace.
Adesso, a quella latitudine, perdono la serenità anche i giudici, per un principio che, fosse esteso a ogni decisione, potrebbe mettere fuori gioco tutti i nostri tribunali: se un capo di governo si rendesse colpevole di azioni delittuose contro i suoi connazionali, potrebbero dei magistrati italiani porlo sotto processo e giudicarne l’opera, essendo, in quanto italiani, “coinvolti”?
Ma, ripeto, qualche dotta esposizione mostrerà la profondità della mia ignoranza, che ammetto sin da ora. Il risultato, però, non cambia: l’Alta Corte europea di Giustizia ha sentenziato che non si può produrre a spese della vita e della salute della gente. Principio che è stato sancito proprio con riferimento a Taranto e alla sua acciaieria, ma esteso a decine di migliaia di fabbriche di tutta Europa.
Io questo ero riuscito a capirlo. E forse, involontariamente, è una conferma di quanto sostenuto dalla sentenza della Corte d’Appello: per avere giustizia, i tarantini devono ricorrere a tribunali non locali, non italiani.
La sentenza della Corte d’Appello che cassa quella del 2021 a Taranto, va oltre le mie capacità. Ma la colpa è mia. Se poi questa sorprendente decisione fosse a sua volta rigettata dalla Cassazione, avremmo quello che è chiaro già ora: il tempo trascorso avrà fatto cadere in prescrizione le accuse. Liberi tutti. A perdere, di fatto, ancora una volta, solo le vittime.
Non è la punizione che si vuole: chi ha perso la vita, la salute, i propri cari, non cancella il danno con la condanna del reo, che serve solo alla comunità, per riconfermare le regole che la tengono insieme. No, quello che si vuole è almeno una ragionevole probabilità di certezza (un ossimoro…) che il diritto esista anche per le vittime.
I tarantini devono morire al posto dei genovesi; se la legge li tutela, i governi varano eccezioni per abolire “temporaneamente” quella tutela, con deroghe e proroghe una dopo l’altra; se i giudici emettono una sentenza per disastro ambientale, omicidio e altri gravissimi reati, si stabilisce che proprio perché tarantini, quei magistrati sono inadatti a svolgere la propria funzione…
Tutto questo, di fatto, sembra trasformare le istituzioni in una sorta di immateriale “Palazzina Laf” (l’area in cui nello stabilimento si isolavano i dipendenti “non allineati”), perché se ti appelli alla Costituzione e per te non vale, alle norme e i governi le cambiano o le “sospendono”, alle sentenze e vengono cassate, ti abitui a perdere e, piano piano, forse lo accetti.
Mi sembra una educazione nazionale dei tarantini alla sottomissione.
C’è una scala: sopra l’acciaio, che serve al Paese, sotto ci siete voi, di cui il Paese può far a meno. E smettetela di romperci gli altoforni. Mica vi sarete montati la testa, credendo di essere genovesi!
L’è capite o no ca t’ha sta’ citte?
