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SPESA PER I DIRITTI: CHI TANTO E CHI NIENTE. ECCO I DATI

IL DOSSIER DEL SOSE, LA SOCIETÀ DI SERVIZIO PER DEFINIRE COSTI STANDARD

E se non si può scappare subito con la cassa comune, per l’Autonomia differenziata, le Regioni predatrici del Nord si acconterebbero della “spesa storica”, per il momento. Come se fosse equa e garantisse uguali possibilità a tutti i cittadini italiani, ovunque risiedano. A mostrare quale truffa si nasconda dietro quest’ennesima trovatina da giocatori delle tre carte all’incessatnte ricerca di pretesti per saccheggiare le risorse nazionali, è il rapporto sulla spesa regionale reso noto dal Sose, scocietà che fa capo a ministero dell’Economia e a Bankitalia: i dati, letti senza spiegazione, possono trarre in inganno, ma già così forniscono prova clamorosa della discriminazione a danno dei meridionali.

La spesa è resa “pro-capite”; e a conferma di quanto detto, si consideri quella che grava sui cittadini di ogni Regione per gli “affari generali”: 244,02 euro in Lombardia, 446,99 in Basilicata e addirittura 490,82 in Molise. Quindi i lombardi sono più virtuosi? No, ma son tanti, più di 9 milioni, mentre i lucani sono quindici volte di meno, i molisani più di venti volte di meno. Ed è evidente che, se devi dividere delle spese poco comprimibili (affitti di sedi, attrezzature, uffici, stipendi…) fra molti, la spesa a testa è più bassa e questo può farti sembrare più oculato. La Regione davvero più vistuosa (la più virtuosa d’Italia in questo campo) è invece la Puglia, che pur avendo meno della metà degli abitanti della Lombardia, spende la stessa cifra pro-capite per gli affari generali: 244,80. La Puglia ha il minor numero di dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione, ma un indice di efficienza altissimo, anche se questo non lo vedrete in tabella.

TRASPORTI: 300 EURO PRO CAPITE IN VENETO, 42 IN CALABRIA

Le porcherie vere le vedete in altre classifiche, esempio: per la formazione professionale, la Lombardia può spendere quasi 50 euro per ogni residente, l’Abruzzo 6,15, la Campania 7,59, il Molise 8,02; per il trasporto pubblico locale, il Veneto spende 300 euro per ogni residente (298,71), la Calabria 42,31, la Campania 51,15, il Molise 67,05 (quindi, alcuni italiani hanno linee ferroviarie regionali e treni decenti, e altri né linee ferroviarie, né treni, e se sì, vecchi, pochi, acquistati magari di terza mano da qualche Paese dell’Est che li dismette).

ISTRUZIONE: 123 EURO PRO CAPITE IN EMILIA ROMAGNA, 50 IN CAMPANIA

Per l’istruzione, l’Emilia Romagna può spendere 123,69 euro per ogni residente, la Campania 50,32, la Calabria 55,18, la Puglia 52,55: per la Polizia locale, la Liguria può investire 72,07 euro pro capite, l’Abruzzo e la Calabria la metà (37,08 e 37,37).

Tralascio voci che comporterebbero analisi più complesse, pur in presenza di cifre non così distanti (sanità, rifiuti): sarebbe molto interessante analizzarle caso per caso, ma ci allontanerebbe dalla ragione, piuttosto banale, se volete, ma non superflua, di queste osservazioni. Quel che emerge è l’assoluta disparità di mezzi con cui far fronte alle necessità di cittadini di uno stesso Stato. E senza mezzi adeguati, i fini non si raggiungono. Soltato se tutti avessero gli stessi mezzi sarebbe possibile il confronto dei risultati. Ma così non è.

Nello studio, si fa notare che chi ha più soldi da spendere per i trasporti, può garantire un servizio migliore e chi ne ha pochi, quello che si può permettere (al netto di mazzette e ruberie; e se state già pensando al Sud, non sbagliate, ma allargate lo sguardo: dove ci sono più soldi, c’è più da rubare, non è un caso che la sanità più costosa e più corrotta sia quella lombarda). Che ci fosse un rapporto diretto fra disponibilità, qualità e quantità di servizi, forse qualcuno era ci arrivato da solo a sospettarlo, ma averne conferma autorevole non guasta.

COME LA COMMISSIONE RUBÒ GLI ASILI NIDO AL SUD

La cosa ha tanto più valore, in quanto la fonte è il Sose, società che dipende (pure) dal ministero dell’Economia e per alcuni malpensanti questo potrebbe influenzarne l’operato (dove non arriva l’umana malizia!). Allontano indignato l’ipotesi e mi fermo alle azioni: il Sose è l’ente “tecnico” che fornì alla Commissione parlamentare per il Federalismo fiscale, il “trucco” per togliere ai Comuni del Sud il minimo che spettava, tanto che, ora, decine di Comuni stanno facendo causa allo Stato (il Comitato di studio presieduto dall’ex ministro Piero Giarda ha certificato che ai Comuni meridionali va il 50 per cento del fabbisogno, a quelli del Nord il 300 per cento).

Per carità, il Sose è un ente “tecnico” e risponde alle richieste di enti politici. Come dire che se il Sose suggerisce come fottere i meridionali (perdoni il linguaggio, signora Sose, è solo per rendere le cose più comprensibili, poi sappiamo bene che non è così; quasi…, forse…, più o meno…, lei che dice? ), è perché quella è la richiesta della politica. Ricordate che Giorgetti (l’imparziale presidente della Commissione: smettete di ridere lì’ in fondo!), per valutare di quanto si riusciva a fregare i terroni, propose di fare sedute secretate, come quelle dell’antimafia (anche quelle della mafia sono segrete)!

Voglio dire: il Sose può pure proporre, se quello viene richiesto, ma è la politica a dire sì o no. E la Commissione la fece così sporca che la politica (partiti, ministri) fecero sapere che avrebbero provveduto a rimediare le porcate della Commissione in Parlamento. Infatti, se ne guardarono bene.

CONVEGNO DI VOLPI DEL NORD, STRAGE DI GALLINE DEL SUD

Quindi, con tutto il rispetto per il Sose, se sei terrone ti senti gallina quando c’è convegno di volpi (Sose, Regioni predatrici del Nord, leghisti da rapina, governi proni, Parlamento complice e silente). Ma (di nuovo), per non allargare troppo il discorso, fermiamoci a questi dati ora divulgati, prendendoli per buoni (infatti sono buoni, pozz’essere cecato chi nun ce crede): cosa dicono? Che la disparità è tale che non sembrano riferirsi a cittadini di uno stesso Paese, aventi stessi diritti.

Il lavoro del Sose non si ferma qui. Questi dati dicono che ci sono italiani di serie A e italiani di serie B. Non solo i diritti “differenziati” ci sono già e non dovrebbero esserci, ma son paurosamente differenziati. La costruzione di un minimo di equità (secondo un percorso che la stessa Lega aveva proposto, prima di accorgersi che si era data la zappa sui piedi, tanto che ora cerca di saltare quei passi, per scappare con il malloppo), passa attraverso la definizione dei costi-standard (per dire: se devi mettere a bilancio la spesa per riscaldare la scuola o l’ospedale, un conto è che quella scuola, quell’ospedale stiano sulle Alpi, un altro se sono a Lampedusa) e attraverso la definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni (ovvero: con i soldi che abbiamo, quali e quanti servizi possiamo permetterci?). È chiaro che per arrivare a stabilire i fabbisogni-standard degli italiani, devi sapere quanto costa quello che vuoi fare e quanto puoi spendere.

Ma ai rapinatori questo non conviene. Parliamo di gente (e non è il termine che avrei voluto usare e meritano) capace di “stabilire” che pur se l’Unione europea impone una percentuale minima (di partenza) di asili nido, i terroni hanno diritto a zero asili e i soldi vanno solo a chi li ha già. Non è solo roba da leghisti, fior di rappresentanti della “sinistra” (sinistramente solidale con i razzisti a Nord e sinistramente tacita a Sud) hanno fatto mettere a verbale la ragione di questa scelta: se i terroni non hanno asili vuol dire non li vogliono (i pupi, bell’e mammà, se li tengono a casa); quindi, perché dobbiamo darglieli per forza? Teniamoci noi i soldi. E questo schifo è passato con il sì di tutti i partiti e dei parlamentari distratti o servi del Sud. Ove non fosse chiaro il sinistro concetto: se uno muore di fame perché non mangia, non è perché non ha da mangiare, ma perché non gli va; mica puoi obbligarlo a venire a tavola!

PRIMA TI IMPOVERISCONO, POI TI DICONO: SEI POVERO, HAI MENO DIRITTI

Con queste premesse, qualcuno può trovare eccessivo lo scetticismo e la diffidenza dei terroni sul “lavoro” che si sta facendo per arrivare a definire i criteri dell’Autonomia differenziata? Anche perché, l’esistenza del termine “differenziata” vuol già dire: a me di più, a te di meno. E perché? Perché prima ti abbiamo derubato e impoverito, poi, in quanto più povero, non puoi pretendere di avere quello che ho io. E che, bianchi e neri uguali, mo’?

Poi, certo, abbiamo la Costituzione più bella del mondo: tutti uguali senza distinzioni di…. Azz, fregati, nella Costituzione non è scritto “di latitudine”, quindi si può fare. Fotti il terrone.

[wbcr_text_snippet id=”1252″ title=”Firma a fine articolo”]

Se volete saperne di più, ecco il documento dell’audizione in Parlamento, dell’amministratore delegato del Sose, Vincenco Atella, il 30 maggio.

https://www.sose.it/sites/default/files/2019-05/Presentazione%20Audizione%2030maggio2019.pdf

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