«Seee…, poveri cristi!»: Giorgia Meloni ha liquidato così l’espressione con cui il segretario di +Europa, Riccardo Magi, contestava i campi di concentramento (lautamente finanziati con le nostre tasse, in Albania) per i disperati che attraversano il deserto a piedi e il Mediterraneo su barcacce e gommoni sfondati. È gente che fugge da guerre, oppressione o estrema miseria derivata dal furto delle loro risorse a opera di colonizzatori soprattutto europei (ma non solo).
Sono persone che inseguono in Europa il pane che è loro stato portato via (la Francia, per dirne una, ricava dalle colonie, ufficialmente ex ma tali ancora di fatto, parte considerevole del proprio prodotto “interno” lordo. E lordo in ogni senso: le aziende francesi che operano in alcuni Paesi africani pagano le tasse in Francia, per gli “accordi” imposti ai governi locali subordinati. Un po’ come accade in Italia con le aziende di Stato che estraggono valore dal Sud, ma sono domiciliate al Nord).
Profughi e migranti vengono derubati del poco che hanno nel viaggio, stuprati, torturati, uccisi; muoiono di stenti, fame, sete, annegano. I loro percorsi sono costellati dalle decine di migliaia di scheletri di quelli che “non ce l’hanno fatta”. E quanti riescono ad approdare in Europa, trovano odio e razzismo da parte di politici che traggono vantaggi elettorali dallo sfruttamento della paura che riescono a trasmettere agli elettori, descrivendoli come tutti delinquenti e terroristi.
E ora verranno internati in un lager in Albania (tale è, il resto sono chiacchiere), sulla scia dei campi di concentramento che il governo di centrosinistra, con Marco Minniti ministro, fece fare in Libia, sborsando pure lì montagne di soldi, una piccola flotta di motovedette (che sparano contro i nostri pescherecci) e altro. Fingendo di ignorare cosa avveniva e avviene in quegli inferni a quei disperati (spesso bambini mandati soli, perché non si hanno soldi per il viaggio di tutta la famiglia): carne da macello, ricatti, stupri, violenze inenarrabili.
«Seee…, poveri cristi!». E se non sono questi, quali sono i poveri cristi?
Mette i brividi questo commento di una donna che è anche madre.
Questa frase mi ha fatto capire di Giorgia Meloni più dell’intera carriera politica. Mi chiedevo come, pur essendo di destra estrema, avesse potuto, quasi con soddisfazione e ferocia, togliere il pane agli ultimi, abolendo il reddito di cittadinanza, per poter abbuonare le tasse non pagate agli evasori fiscali e abbassarle ai più ricchi (se riduci gli scaglioni proporzionali al reddito, quello stai facendo).
Come avesse potuto sottrarre i fondi destinati a rendere più vivibili le periferie, per buttarli negli sprechi delle Olimpiadi invernali “a costo zero” (per Milano e Veneto, non per noi). Come potesse far sparire dal Pnrr i progetti per il Mezzogiorno e, tramite il ministro salentino contro il Sud, Raffaele Fitto, proporne il finanziamento con Fondi Coesione e Sviluppo tolti dagli impegni cui sono destinati per legge (all’80 per cento al Meridione) e dirottati pure alle Regioni più ricche.
Insomma: la guerra ai poveri è tipica delle destre (ma la nostra presunta sinistra non si è spesso comportata meglio). E, quindi, nell’analisi, queste carognate avrebbero ancora una loro logica, brutta quanto vi pare, ma coerente.
Meno comprensibile risultava il comportamento di Giorgia Meloni nella tragedia di Cutro: un governo che aveva sulla coscienza il mancato soccorso (la mai chiarita assenza dei mezzi della Guardia Costiera, gli unici adatti a sfidare quel mare), prima se la cavava con le sconcertanti osservazioni del ministro campano e leghista all’Interno, Matteo Piantedosi, che accusava i profughi di imprudenza (avrebbero dovuto, per maggior prudenza, tenere le loro famiglie sotto le bombe…), poi brillava per la totale indifferenza alla dimensione della strage: 94 morti, di cui 34 bambini, a pochi metri dalla riva.
Si percepiva una palpabile ostilità, come se quei poveracci fossero andati a morire lì, per mettere in difficoltà il primo governo di estrema destra dai tempi di Tambroni, il primo guidato da una donna (“Sono una donna, sono una madre, sono cristiana…”: di cristianesimo e afflato materno, approccio femminile, se ne è visto davvero poco, però).
Alla fine, Sua Giorgità, fu costretta dalle critiche a recarsi a Crotone con pezzetti di governo, per mostrare vicinanza istituzionale. Che evidentemente non sentiva, se evitò di incontrare il sindaco di Crotone e stringergli la mano, per quel che aveva fatto per soccorrere i naufraghi; ed evitò pure di incontrare i sopravvissuti e dar loro le condoglianze. La naturale compassione per la loro tragedia (comunque la si pensi) era talmente fuori dal suo sentire, che si rese conto della gaffe solo al ritorno a Roma, in seguito a nuove critiche per essersene astenuta.
E rimediò, secondo lei, facendo trasportare a Roma i parenti delle vittime, per ricevere da Sua Eccellenza, le condoglianze. I sopravvissuti furono caricati su aereo militare e poi portati a palazzo Chigi, in ufficio da Sua Signoria, che espresse (obbligata?) partecipazione al dolore, nonostante avesse tanto da fare. Io ero rimasto all’uso antico, per cui, per dare le condoglianze, si va a casa del morto o in visita ai suoi parenti. Suona strano che si vada a Crotone, si passi davanti a loro, li si ignorino, poi li si costringano a un viaggio per farsi dire due parole di circostanza.
Così, forse si spiega come si riescano a imporre regole “ammazza-migranti”, per impedire alle navi-soccorso di aiutare più di un “carico residuale alla deriva” alla volta, per poi sbarcarlo nel porto più lontano, in modo da far mancare l’aiuto ad altri naufraghi, che così potranno annegare, evitando di sporcare le statistiche che servono al governo per dire che sta “risolvendo il problema”.
Un gelido calcolo fatto sulla morte del maggior numero possibile di disperati. E già questo fa orrore. Ma quella frase, «Seee…, poveri cristi!», denuncia qualcosa di più profondo e banale al tempo stesso: la personale convinzione che quegli esseri umani (se non muoiono nel deserto, se non vengono uccisi nei campi di concentramento, se non annegano in Mediterraneo), siano tutti terroristi e delinquenti, anche se il crimine più diffuso è raccogliere pomodori a venti euro al giorno, trattati come schiavi.
Quella orribile frase fa pensare che il problema non sia politico, ma umano; che Giorgia Meloni abbia difficoltà a sentire “umanamente” gli altri. Verrebbe da chiedersi (noti i problemi con suo padre) se la difficoltà di riconoscersi nell’altro (copyright di Fabrizio de Andrè in Khorakhanè), non dipenda da qualcosa che le è mancato.
Una sterilità dell’anima che induce a vedere nel prossimo solo un nemico reale o potenziale e riduca gli altri a “quelli della mia parte” e “quegli altri”. Una logica di clan.
Eppure, che Giorgia Meloni sia passionale non ci piove: il suo carattere lo dimostra chiaramente e il suo agire è conseguente. Ma quel calore appare soltanto nella lotta e nella gestione del potere. E gli altri diventano puro strumento per quello.
Il potere è un surrogato dell’amore: tanti ti cercano e vogliono starti accanto, quando hai potere; e questo somiglia alla vicinanza che desidera chi ama. La differenza è che, in questo caso, chi ti cerca vuole te, nell’altro, vuole trarre vantaggi dal tuo potere e appena ne perdi, sparisce (se va bene) o ti si rivolta contro.
Umanamente, verrebbe da commentare: «Povera crista!», di chi ha nell’anima il deserto che la induce a dire «Seee…, poveri cristi!», dei disperati che hanno superato la paura e le violenze, il deserto e il mare, vedendo magari morire gli amici, i figli, il coniuge.
“E se questo vuol dire rubare
Questo filo di pane tra miseria e sfortuna
Lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
Il punto di vista di Dio”
2 Comments
pietro
bravo, un’ analisi ben fatta. che dire.. povera patria citando Battiato
Pino Aprile
Grazie. Se la politica dimentica l’umanità è ferocia allo stato puro