La Calabria chieda i danni allo Stato: ne ha pieno diritto. Il Commissario governativo alla Sanità imposto alla Calabria, Saverio Cotticelli, non si è occupato di attrezzare la regione perché potesse difendersi dalla peggiore epidemia da un secolo in qua; ha chiesto al governo (lettera, protocollo, «Maria mi porti…») chi dovesse farlo, ha ricevuto la risposta e nemmeno l’ha letta, nonostante la regione sia stata chiusa come “zona rossa” fra mille polemiche (è la meno contaminata d’Europa dal covid-19); e, solo perché l’intervistatore gli chiede di leggerla, scopre dalla lettera di risposta, che chi deve occuparsi dell’emergenza sanitaria è lui!
Ognuno commenti da sé, tanto diremmo tutti le stesse cose, protetti da un buon antivomito.
Da dieci anni lo Stato, con la scusa (perché tale va considerata, ora) di “sanare la Sanità”, invia commissari in Calabria a occuparsi del settore. Che grazie a loro ha visto crescere i debiti, ridurre l’assistenza, non riuscire nemmeno a sapere quant’è davvero il buco di bilancio, chiudere ospedali, reparti, obbligare i malati a emigrare e le casse regionali a sborsare centinaia di milioni all’anno alle cliniche private del Nord.
I commissari sono costati alla Calabria montagne di soldi, sofferenze, dolori, vite umane. Ora lo Stato (che non ha il coraggio di commissariare una Lombardia, nonostante metà dei morti per covid siano in quella sola regione, e la gestione locale dell’epidemia sia la peggiore d’Italia, al punto che sono stati riaperti d’imperio ospedali infetti e nessun provvedimento di chiusura di paesi in preda al contagio sia stato adottato, al contrario del resto del Paese) risarcisca i calabresi, ripiani il deficit, e si tolga dai piedi, se invece di sanare il male ha fatto il peggio.
La Calabria avvii una causa contro lo Stato, ne chieda il sequestro dei beni, a garanzia del danno.
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