I DIRIGENTI SVIMEZ: COSÌ, L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA È CONTRO L’INTERESSE NAZIONALE
Il ladro scopre che rubava e lo apprende da un altro, che studia perché al derubato mancano tanti soldi e se la passa male.
È andata in onda l’opera dei pupi dinanzi alla Commissione Finanze della Camera dei deputati. In una audizione sulla rapina del secolo che, con involontaria onestà, è chiamata Regionalismo differenziato (a pro dei ricchi), chiesta dalla banda pigliatutto Lombardia-Veneto-Emilia Romagna, il presidente e il direttore generale della Svimez, Adriano Giannola e Luca Bianchi hanno riferito allo Stato (la Commissione) quello che lo Stato sa e fa (ruba ai poveri per dare ai ricchi), come ha certificato lo Stato (l’ente Conti pubblici territoriali); e hanno anche detto in che modo lo Stato (la Ragioneria generale) nasconde il furto, calcolando solo alcune voci (la spesa pubblica pro capite, così, risulta di qualche centinaio di euro maggiore al Sud), mentre se si prendono in considerazione tutti gli esborsi, a qualsiasi titolo (sempre soldi pubblici sono), si scopre che la spesa è di 3.671 euro pro capite in meno per ogni meridionale.
E questo è stato annunciato come una rivelazione dai giornali. Incredibilmente, per alcuni lo è davvero, nonostante la cosa sia nota e certificata da enti statali (appunto); analizzata e spiegata nei dettagli dalla Svimez (l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno) in tanti suoi studi, convegni, pubblicazioni, rapporti periodici; divulgata da docenti (uno per tutti: Gianfranco Viesti) e giornalisti-scrittori nei loro libri (mi si perdoni l’autocitazione, visto che ne parlo in più di uno dei miei, o Marco Esposito, grande esploratore di documenti economici); persino, qualche giornale si è recentemente intestata la cosa (benissimo, tutto fa brodo), sia pure ad andamento alterno: se la truffa dell’Autonomia è firmata dalla ministra leghista Erika Stefani è una porcheria (vero), se il ministro è del Pd, Francesco Boccia, diviene la soluzione di vent’anni di ingiustizie (nonostante il criterio resti invariato: prima e subito l’Autonomia ai ricchi, pur un pochino sterilizzata, ma passa il principio, poi, se si fa in tempo, in 12 mesi, i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni uguali per tutti (scuola, salute, trasporti…), per i morti di fame; se non si fa a tempo, tutto come prima o quasi.
Quindi cosa è avvenuto nella Commissione? La scoperta dell’acqua calda.
Eppure…, eppure la corretta esposizione dei dati, da parte dei dirigenti della Svimez vale per atto di coraggio (e lo è veramente!), in un Paese in cui chi deve sapere sa, ma finge di non saperlo.
Andiamo per ordine.
La Ragioneria dello Stato, quale spesa pubblica nelle Regioni al netto degli interessi sul debito pubblico, considera meno di un terzo dell’intero settore pubblico allargato, che include tutto quello che è alimentato dai soldi dello Stato: dalla previdenza ai servizi sociali, agli aiuti per le famiglie, sino alle agenzie che operano con soldi pubblici (quali l’Anas, per le strade, l’Iri, per grandi opere, eccetera). Mentre, se si devono fare i conti per l’Autonomia differenziata, il minimo di correttezza vuole che di ogni euro che esce dalle casse pubbliche bisogna sapere dove, a chi va a finire.
Nel primo caso, la pubblica pro-capite risulta di 3.853 euro nel Mezzogiorno e 3.375 nel Centro-Nord “penalizzato”; nel secondo è di 13.394 euro pro-capite a Sud e 17.065 a Nord. Nel primo caso puoi usare il dato per dire: “con tutti i soldi che mandiamo al Sud!”, e non ti spieghi come mai non ci siano strade, treni, risorse per l’assistenza ai più svantaggiati, alle famiglie, o te lo spieghi con il fatto che i terroni sono ladri, spreconi e incapaci; nel secondo caso, 3.671 euro procapite in meno, per circa 20 milioni di abitanti, arriviamo a più di 70 miliardi (i conti sono un po’ più complessi, ma quello è l’ordine di grandezza). All’anno. E capisci meglio perché non ci sono treni a Sud, strade, risorse per l’assistenza ai più svantaggiati, alle famiglie.
I paraculi del Nord e gli ascari terroni preferiscono la prima spiegazione. Il criterio (calcolare non tendendo conto di questo, di quello e quell’altro, ma solo di ciò che resta, secondo quanto mi fa comodo) è molto praticato dai nostri contabili affetti da strabismo geografico: la Commissione parlamentare sul federalismo, per calcolare la capacità fiscale dei Comuni, escluse la tassa di soggiorno (e perché?) che in alcuni casi, pensate alle mete turistiche, porta grandi risorse; escluse i ricchi introiti dei trasporti urbani (e perché?), e via paraculando, sino a che alcune fra le più povere città del Sud risultarono più ricche di quelle del Nord in cima alla classifica del “chi ha di più”.
E nel suo “Il sacco del Nord”, l’ineffabile Luca Ricolfi non riuscendo a “dimostrare” che il Sud deruba il Nord, ricorse a un criterio che lasciò a bocca aperta gli economisti: avendo il Sud molti disoccupati ed essendo il tempo libero, oggi, un valore, moltiplicò il numero dei disoccupati, per 8 ore al giorno, per 6,30 euro all’ora, così riuscendo a scovare la “prova” del furto. Peccato che, confondendo tempo libero con tempo perso, abbia trovato la prova, ma non i soldi, che i disoccupati (né altri) non hanno mai visto. Analogamente, sulla pagina online del ministero Affari regionali, i conti fatti pubblicare dalla ministra Erika Stefani erano quelli del primo caso (il Sud è ladro).
Il che fa molto comodo a chi ha bisogno di conteggi compiacenti per dimostrare l’indimostrabile.
L’audizione dei dirigenti della Svimez, quindi, pur nell’ovattato linguaggio delle istituzioni, ha messo in chiaro quanto si preferisce celare dietro muri di nebbia padana. Ma il discorso non si è fermato lì, perché è stato detto pure che (riassumo), non correggendo queste storture, è difficile motivare la richiesta dell’Autonomia differenziata “nell’interesse nazionale” (smettetela di ridere, la presentano davvero così), perché l’interesse è solo dei richiedenti, a detrimento di quello nazionale; e va chiarito «come e quanto verrà valutato il fatto ampiamente certificato di aver fruito dal 2009 di un improprio privilegio nel riparto di risorse pubbliche erariali di conto corrente ed in conto capitale sottratte ad altri territori» (0vvero quelle decine di miliardi che hanno rastrellato impropriamente), perché non sarà con i ventilati “fondi perequativi” (quattro soldi rispetto a quanto trasferito da Sud a Nord) che si potrà risolvere la faccenda.
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