CREDO SIA IL MIO LIBRO MIGLIORE. ED È IL PRIMO ROMANZO
“Il potere dei vinti” è alla prima ristampa, a poco più di un mese dalla sua uscita. Un buon segno, certo. Grazie ai miei lettori. Per immeritata fortuna (ma il mio impegno ce lo metto sempre, come dire che la mia parte la faccio), non è un’esperienza inedita, per me, a partire dal mio primo libro, l’“Elogio dell’imbecille”, che in Italia è alla terza riedizione e non so più quante ristampe; in Spagna era nei best seller a una settimana dalla pubblicazione, restò in testa alla classifica per mesi, lo ristampavano un giorno sì e uno no, poi lo vendettero in decine di migliaia di copie insieme al settimanale più diffuso del Paese; per non parlare di “Terroni” che nato come un parente povero (un testo sui meridionali…) e che si può dire fu pubblicato quasi solo per rispetto verso un autore che aveva già dato tre titoli a Piemme, e perché la ricorrenza dei 150 anni dell’Unità lo rendeva utile (ma erano anni che lo aspettavano in casa editrice), ci sorprese tutti prendendo subito la rincorsa e bruciando ogni record di copie e ristampe. È alla quinta riedizione (vuol dire che lo si pubblica come fosse un libro nuovo) e le ristampe sono centinaia (ho smesso di contarle).
TRE RAGIONI, INCLUSA UNA PERSONALE
Quindi, perché sottolineare la prima ristampa de “Il potere dei vinti”? Le ragioni sono almeno tre e persino personali: 1 – non avevo mai scritto romanzi, ma ho dovuto farlo, perché non c’erano da raccontare dei fatti (storici o geopolitici, come per i miei ultimi libri), ma lo stato di sospensione fra una civiltà che muore, quella industriale, e una che si impone, quella informatica: smettiamo di essere qualcosa ma tendiano a restarlo, per inerzia, e dobbiamo diventare altro, ma non sappiamo cosa; insomma avendo certezza di quel che si perde, non quel che si avrà. Dovevo, quindi, passare dal saggio al romanzo. E per me, pur essendo la mia professione scrivere, si trattava comunque di una prima volta (conta pochissimo che ce ne siano state altre: testi per il teatro, la tv e canzoni, di una, “Ti parlo del Sud”, pure la musica); 2 – era necesssario riassumere una condizione umana, planetaria, nella vita di un protagonista e alcuni co-protagonisti; ho dovuto pescare nelle esperienze professionali dirette, nelle vite di persone che ho conosciuto in decenni e persino nella mia (ho visto cadere il muro di Berlino, ero lì…; la barca a vela del protagonista è una storica che veniva prodotta a Barcellona, come la mia; la passione per la fisica delle particelle e la cosmologia e, se vogliamo, anche per il vino Primitivo! Senza contare l’ambientazione in Puglia). In questo senso, è il libro più “mio”; 3 – l’ho riletto, dopo la pubblicazione (finché ci lavori, quello è il materiale cui devi dare forma e contenuto, la lettura che ne fai è professionale; e “Il potere dei vinti” l’ho riscritto per undici anni. Dopo, divieni un lettore come tutti gli altri, solo un po’ più coinvolto e critico degli altri): sbaglierò, ma credo di non aver mai scritto a quel livello; e se sì, qualcosa mi fa ritenere che “Il potere dei vinti” sia la cosa migliore che abbia mai scritto.
Che a un mese e poco più dall’uscita il libro debba essere ristampato mi induce a pensare che la mia idea sia condivisa dai lettori. Almeno spero sia così. E se qualcuno vorrà dirmi la sua, gliele sarà grato (possiamo comunicare sul blog, personalmente).
Per ora, grazie.
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