«Qui, l’Adriatico è profondo, sottocosta, mentre lo Jonio parte basso, poi scende a una ventina di metri, tranne le secche e due canaloni sui cinquanta metri, prima di inabissarsi. Così, il levante può spingere su masse d’acqua subito più imponenti e affrontare l’opposto corrente dell’ovest con maggior potenza. Immaginalo come la confluenza fra due fiumi: quello con la portata più grande avanza nel letto dell’altro, sino a che, allargandosi, le spinte si equivalgono, le acque si fondono. Il corrente dell’est, con aria tesa, può far arretrare la linea dello Jonio sino a farla sparire dietro la Ristola. Se il vento dell’ovest è forte, il suo muro d’acqua resiste e il confine fra i mari migra a levante. Ma a serpentina, ché dove i fronti si toccano, quello dell’est arriva già con tutta la forza, mentre l’ovest muove all’inizio un mare di pochi metri, poi, però, sempre più profondo. Al mutare dei rapporti di potenza, la linea avanza o ripiega. Entrambi i correnti cercano di scavalcare l’altro, ma è come se urtassero contro un gradino: nella collisione, i fronti liquidi si rompono, esplodono, ribollono, si inarcano. A pochi metri da quel muro tumultuoso, è mare calmo, stai con la tua barca a pescare; se ci finisci addosso, vai a fondo. Quando la linea è instabile, meglio tenersi larghi. “Non scendere oggi sotto il corrente” si dicono, allora, i pescatori.»
U’ Tis contava i giorni di levante-scirocco, tramontana e ponente. Appostato sul Girasole, tracciava le linee dei correnti sulla mappa del Capo, annotava date, ore, durate e i commenti dei pescatori, che non capivano chi glielo facesse fare, ma lo aiutavano. Lui, poi, riassumeva in tavole, tabelle, diagrammi e raffrontava, quando possibile, con testimonianze del passato e del presente. «Qualcosa cambia» gli spiegava Pietro pescatore. «Gli inverni sono meno freddi e umidi; è poca la pioggia. Da quasi dieci anni non ci sono le mareggiate che schiantavano la costa. Il Capo perde forze. O le ammassa per scatenarle tutte insieme.» E saggiava lento la spiaggia, a piedi nudi: «Guarda,» indicò «il tempo sembra lo stesso di ieri, ma l’orma è più profonda: la sabbia intrisa di sale cattura l’umidità prima che noi ce ne accorgiamo e il piede affonda maggiormente. Per questo i pescatori fanno due passi sulla riva, per capire se è il caso o no di uscire in mare. Il Capo ti avvisa, ma tu devi ascoltarlo.»
«Del Capo, parlano come se avesse vita, volontà e progetto» raccontò U’ Tis a Francesca-Il-più-bel-regalo-di-Terry, nel pozzetto della barca a vela del padre, nel porto di Tricase. «E ho deciso di assecondarli. Quando mi chiedono perché me ne interessi tanto, rispondo: “Per capire che intenzioni ha”. Questo lo accettano, ma non lo comprendono. Loro devono conoscerlo per lavoro e riportare a casa la vita, la barca e il pesce; ma io, perché? Cosa mi può rendere sapere del Capo? Alla fine, si danno una risposta che risolve tutto e non spiega niente: “È forestiero”. L’unico che non chiede perché è Pancrazio di sopra.»
Francesca capiva cosa intendeva: «Pare diano a tutto un’anima, come i bambini, i grandi vecchi o certe religioni arcaiche. Però sono molto pratici: quelle anime della natura non li intimidiscono e se devono calpestarle per un interesse immediato, lo fanno».