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IL MIO INTERVENTO SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA ALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE

Il mio intervento ieri alla Commissione parlamentare:

A Yanis Varoufakis, appena nominato ministro dell’Economia della Grecia aggredita dall’UE, l’allora segretario di Stato Usa Larry Summers chiese: «Ci sono due specie di politici, quelli che “giocano dentro” e quelli che “giocano fuori”. Tu come giochi?». Beh, non vale solo per i politici. Sul contenuto tecnico del ddl AD è stato detto tanto e autorevolmente da esponenti della Corte dei Conti, dell’Ufficio parlamentare del Bilancio, della Banca d’Italia, di Confindustria, della Svimez e dai maggiori costituzionalisti. Tutti eccellenti osservatori che “giocano dentro”, nel senso che operano in istituzioni ed enti la cui esistenza e il cui ruolo concorrono all’equilibrio dei poteri. E questo pone limiti alla loro intelligente e non sempre coraggiosa azione, sfumandone la forma e spesso anche la sostanza. Eppure, da quasi tutti costoro il ddl per l’AD è stato detto “lo spacca-Italia” (pure dal professor Sabino Cassese, presidente della Commissione Calderoli, prima dell’improvvisa e per ora inspiegata giravolta e conversione, forse sulla via del Quirinale), o anche “La secessione dei ricchi”. Invece, a mano a mano che l’entità del saccheggio delle risorse pubbliche da parte delle Regioni più ricche, con l’AD, esaltazione della spera storica, diviene evidente, sempre più probabile appare l’eventuale secessione del Sud, per sottrarsi alla certificazione costituzionale dello stato di colonia interna che l’AD comporta. Se anni fa la Lega Nord si limitava a dirlo, senza davvero volerlo, ora, al Sud, il sentimento indipendentista fa proseliti. E che riguardi una minoranza in crescita non è motivo per sottovalutarlo se ricordate che ottant’anni fa c’è stata una guerra di secessione fra Sicilia e Italia. Una situazione che, specie se alimentata ad arte su disagi e sentimenti veri, può divenire esplosiva. Io, per ruolo e carattere, posso “giocare fuori”, quindi non ci girerò attorno: 1 – hanno riflettuto i componenti di questa Commissione sulle possibili conseguenze delle ulteriori disuguaglianze che l’AD andrebbe a generare, oltre a esasperare quelle esistenti? L’Italia è già il Paese con il divario interno più profondo e duraturo del pianeta, la Questione meridionale. Gli economisti studiosi delle disuguaglianze mostrano che quando queste superano il livello 40 della scala di Gini che le misura, vengono storicamente ridimensionate con la violenza: terrorismo, sommosse, rivolte, colpi di stato… Scorre il sangue. Chi sottovaluta questo rischio dimentica che tali fenomeni vengono sempre ritenuti irreali, finché non si verificano. 2 – ci sono poteri e capitali enormi che aspettano o creano condizioni di debolezza degli stati per prenderne le risorse a prezzo di saldo, fallimentare. Si sono chiesti i componenti di questa Commissione se e come stiano agendo i potentati sovranazionali interessati a un’Italia frantumata in una ventina di staterelli conflittuali e astiosi che cercano di sottrarsi risorse l’un l’altro? A chi fa comodo l’Italia a pezzi? “E ora tocca all’Italia”, si disse dopo la Grecia martirizzata dall’Europa per conto della Germania. Si obiettò che la Grecia non ha una vera economia, mentre la nostra è una delle maggiori e più complesse e la popolazione dell’Italia è sei volte quella greca. L’obiezione non regge più se il Paese viene spezzettato. Se questo avvenisse (e qualcuno potrebbe favorirlo), poteri sovranazionali sbranerebbero prima il più fragile Sud (con partecipazione di avvoltoi nostrani), poi il Nord indebolito dalla perdita del primo mercato delle sue merci, il Mezzogiorno, e da una conflittualità interna che riproporrebbe lo schema Nord-Sud attuale, dal momento che quattro regioni su otto (Val d’Aosta, Liguria, Trentino Alto Adige e Friuli) ricevono più di quanto versino, sono tecnicamente “assistite”. Questo lavoro di lobbisti stranieri avviene ovunque, quindi pure da noi. La neonazista Afd, Alternativa per la Germania, per dire, vide crescere i consensi sino a divenire il secondo partito tedesco. A stravincerne il congresso furono i più estremisti iper-patrioti, Petr Bystron e Maximillian Krah. Salvo scoprire che il primo prende soldi dai russi, tramite il portale Voice of Europe e a casa, la polizia gli ha trovato una decina di lingotti d’oro; il secondo è filo-moscovita, ma riceve con regolarità “contributi” da Pechino. Come sintetizzato dai giornali, sono “patrioti, ma degli altri”. Perché il parlamento italiano dovrebbe rendersi complice di un tale disegno? Molti eletti al Nord ritengono di far così gli interessi del proprio territorio, considerandolo “patria” contro l’Italia. Quando il ministro Brunetta fu costretto a fare un concorso per assumere 2.400 funzionari a tempo determinato nei Comuni del Sud, dove ne mancano ventimila, scrisse una pubblica lettera di scuse ai veneti: “Respingo con decisione, e persino con sdegno, l’accusa di essermi trasformato in una sorta di protettore venduto al Sud”. E gli eletti al Sud, gestori di un potere subordinato, di fatto coloniale, quasi sempre assecondano le maggioranze di governo antimeridionali. Come stanno operando i lobbisti dei poteri che vogliono l’Italia a pezzi? Non lo sappiamo. Ma posso riferire come il parlamento greco consegnò il proprio Paese agli speculatori tedeschi: il 2/01/2013, al tavolo di un bar sotto i portici dinanzi alla stazione centrale di Milano, un imprenditore italiano discuteva di affari con investitori arabi. Si avvicinò un tale che l’italiano scambiò per un barbone, ma che gli arabi gli chiesero di accompagnare in banca e aiutare, perché in difficoltà con la nostra lingua. L’imprenditore si trovò coinvolto nel trasferimento a Dubai di 270 milioni di euro fascettati “Deutsche bank”. Infastidito, chiese spiegazioni agli arabi; gli dissero che il presunto barbone era un sottosegretario del governo greco e quei soldi erano la seconda parte di 500 milioni (la prima inviata da Parigi) da trasformare in diamanti, con cui comprare il voto della maggioranza in parlamento, a favore della Germania e a danno della Grecia. Sul Partenone, pur senza i panzer nazisti, rimossa la bandiera greca, oggi sventola quella tedesca. Se la Commissione volesse, potrebbe ascoltare direttamente da questo imprenditore il racconto. Dopo la pubblicazione che ne feci, mi disse che avrei potuto riferire il suo nome, se la magistratura o altra istituzione l’avesse chiesto.

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