PERCHÉ I RAZZISTI VOGLIONO SEMPRE DI PIÙ, NOI STARE ALLA PARI. O DA SOLI
E quindi, il Movimento 24 Agosto, M24A, è per l’euro, o contro? Vuole “africanizzare” l’Europa o i porti chiusi? È per l’Italia unita, il Sud autonomo o indipendente? E per la famiglia che fa? (Non lo so, sono già sposato e nonno). Ma se imbarca chi è o è già stato assessore di Roccacannuccia Tre Case è strumento per il riciclaggio di dinosauri in cerca di nuova sistemazione o ne faranno parte solo vergini in arrivo da Marte e quelli giusti? Cioè io, io chi? Io io, non io tu! Anzi io e un amico mio che…, perché voi…
Capisco sia difficile liberarsi dallo schema “partito” (noi siamo ok, gli altri no), per cui bisogna avere una risposta su tutto e per tutti. Ma M24A non è un nuovo partito, lo si chiama “movimento” ma si potrebbe chiamarlo Filippo o come volete, quella che va compresa è la sostanza, quale che ne sia il nome. Pensate quanta poca ideologia c’è dentro M24A, che per nome ha una data. Potremo cambiarlo, per carità, ho già detto che valore do a nomi, forme, strutture, gerarchie…: tutta roba che serve, ma sono l’utensile per l’opera, non l’opera.
M24A è luogo d’incontro di persone decise a mostrare, nel nostro Paese, l’iniquità (anche) nella distribuzione delle risorse comuni e per indurre le istituzioni, su pressione popolare contraria alle dispari opportunità, a porre rimedio; che non significa solo dotare i territori e gli abitanti di tutto il Paese della stessa qualità e quantità di infrastrutture e servizi (treni, strade, porti, aeroporti, scuole, presidi sanitari…), ma pure dello stesso rispetto per i cittadini, ovunque risiedano. In nessun Paese sarebbero rimasti al proprio posto, addirittura al governo, razzisti che avessero chiamato “porci”, “topi”, “merdacce” loro connazionali. Equità vuol dire alla pari e riconoscersi tali reciprocamente, non limitarsi ad avere la stessa dotazione di strade, treni e altro, pur necessaria (ma non sufficiente).
Quindi, M24A non chiede uniformità di opinioni (e se dissenti, sei fuori), ma adesione a progetti e solo a quelli che si condividono. Si è d’accordo per l’operazione “treno al Sud”? Ok. Se poi in un vagone ci sono unitaristi convinti, nel successivo separatisti siciliani e nel seguente autonomisti continentali, cambia qualcosa? Ognuno si tenga le sue idee (ma incontro e collaborazione, secondo me, faranno cadere molti pregiudizi e chiusure e chiariranno quali sono le differenze vere e quali le presunte), ma da quel che si può fare insieme, perché astenersi, solo perché gli altri non sono d’accordo anche sul resto?
Questo è basilare, per capire la natura di M24A.
Ed è quindi fuori luogo il gioco “ad esclusione”: se ci sono quelli, non ci sto io; se “fate entrare“ tizio o caio, allora vuol dire che siete di destra, o di sinistra, o per i riciclati, o per gli unitaristi, o per gli indipendentisti… Nello statuto di M24E sarà chiarito che non si accettano razzisti e delinquenti; poi, se qualcuno che non è né l’una né l’altra cosa vuole usare questa opportunità per fare cose in contrasto con i fini di M24A, ci sarà modo di impedirglielo. Detto questo, si comincia un cammino e strada facendo si perfeziona la macchina. In Sicilia, per dire (è solo per fare un esempio, scelto apposta perché l’isola è sempre stata un mondo a parte, anche nella testa dei “continentali” e ora ci si sta fortunatamente rendendo conto che insieme forse si vince, divisi di sicuro si perde), si stanno muovendo persone e gruppi di orientamento diverso, ma intento comune.
Ma già con sospetti reciproci; senza far nomi: che ci fa il senatore Saverio De Bonis all’incontro con esponenti meridionalisti e sicilianisti di varia estrazione? E che ci facevano tizio e caio che nell’isola hanno già esperienze politiche che non tutti hanno condiviso? Ci fanno quello che stanno facendo altri altrove, giovani che non hanno mai fatto politica e ora vogliono impegnarsi, militanti delusi da formazioni diverse in cerca di uno strumento che della lotta alla discriminazione faccia la ragione della sua esistenza e non due righi di generico pro-Sud (magari aggiunti all’ultimo minuto), in programmi sterminati che si preoccupano della bulimia di chi ha già troppo, ma non ancora tutto. Perché gli uni dovrebbero escludere gli altri? De Bonis (soprattuto, ma non solo lui) si è fatto puntuale portavoce, in Senato, delle questioni sollevate da questa area meridionalista. Buona cosa. Altrettanto han fatto consiglieri regionali campani, per dire. Non mi importa di quale partito siano, ma sono molto interessato a quel che fanno. “Quello però è già sindaco!”. E allora? Se non avessero ucciso Angelo Vassallo, lo avremmo escluso, perché sindaco? Un centinaio scarso di coraggiosi e cazzuti sindaci meridionali hanno avviato iniziative giudiziarie per farsi restituire i soldi rubati dallo Stato ai loro Comuni, grazie alla scoperta dei documenti del furto, fatta da Marco Esposito. A voi interessa sapere di che partito sono? A me no. Io li ringrazio, comunque la pensino, per quello che fanno e condivido l’orgoglio dei loro concittadini e anche se a loro facessi schifo, li appoggerei con tutte le mie forze.
Insomma, non possiamo sprecare risorse, esperienze, intelligenza. Quindi vanno bene tutti? È chiaro che no, ma lo vedremo strada facendo, e l’organismo avrà o maturerà gli strumenti, a livello comunale, regionale (li metteremo a punto insieme), “nazionale”, per fare pulizia, ove si scoprissero (succederà, è una delle poche cose certe!) strumentalizzazioni o peggio. Toccherà essere bravi, svegli e decisi. Ma la presunzione di giudicare i vivi e i morti in partenza, la lascerei alle minoranze destinate a restare tali: le rispetto, ma per vincere dobbiamo essere tanti e determinati, sulle cose che condividiamo e sui progetti che vareremo di conseguenza.
Ma è un movimento meridionalista? Ci sarà il Sud-caposotto come sulla copertina di Terroni, nel logo? E la Triscele siciliana? I Quattro mori sardi, mica li dimenticherete? Scusate se ripeto quanto ho scritto quasi ogni volta, ma se queste domande tornano, o è sfuggito quanto ho scritto (e detto alla Grancia) o non lo si è preso sul serio.
M24A mira all’equità; se questo ne fa, di fatto, un movimento meridionalista (indipendentemente dal fatto che ognuno di noi, singolarmente, lo sia) è dovuto solo al fatto che lo Stato italiano è anti-meridionalista da quando è nato e ha reso il Mezzogiorno la più vasta area europea senza strade, treni, infrastrutture di livello europeo (e manco nordafricano!); senza una sua grande banca (lasciate perdere le puttanate che hanno diffuso su Banco di Sicilia e Banco di Napoli, accusato di aver dilapidato il patrimonio in prestiti non più recuperabili, cosa rivelatasi falsa, ma solo dopo che il Banco era stato usato per salvare con il suo, nostro, patrimonio, la dissestata Banca Nazionale del Lavoro. E pensate al diverso trattamento per le banche venete, lombarde, toscane che hanno, invece, davvero svuotato la cassa e alla cui salvezza viene obbligato il Paese); lo Stato italiano, con le sue politiche, deruba il Mezzogiorno (petrolio, fondi europei, energie rinnovabili, semi antichi, agricoltura sacrificata agl’interessi del Nord) e lo svuota della sua gente, facendone l’area europea con la più alta emigrazione e disoccupazione, specie giovanile, e in calo demografico. Tutto questo è voluto, non è “atavico” (c’è una data di inizio, prima della quale non era mai emigrato nessuno, la popolazione cresceva, il “divario” non c’era). Pretendere politiche di riequilibrio è meridionalismo, di fatto, ma deriva dal rispetto per un valore universale: l’equità. M24A non è un movimento dichiaratamente territoriale, anche se le circostanze lo rendono tale.
Dov’è la differenza? Un movimento, un partito politico territoriale ha quale fine ottenere sempre di più per le proprie regioni, indipendentemente dal raggiungimento o meno dell’equità. Insomma, il fine non è stare alla pari, ma avere più degli altri, il più possibile. Fosse una funzione matematica, il limite di questa politica è “tutto a noi, niente agli altri” (sì certo, l’ho già detto, ma pare non sia servito). Una tale visione è razzista, infatti è della Lega. M24A non è la Lega del Sud.
L’equità è il contrario: mira a che tutti siano messi nelle stesse condizioni di poter sviluppare le proprie doti e abbiano diritti (salute, istruzione, rispetto), servizi (strade, treni, infrastrutture) alla pari. Ottenuto questo, chi non è razzista non chiede di più per sé a danno degli altri (vedi le porcate fatte finora contro il Sud e la rapina dell’Autonomia differenziata in corso), ma si limita a vigilare che quella parità non sia compromessa da nuovi egoismi.
Quindi, M24A è meridionalista o no? Sì, ma di un meridionalismo universale (non a caso, la disciplina nata in Italia con questo nome è divenuta internazionale). E se proviamo a immaginare l’equità territoriale in Europa, intesa dalla Grecia alla Germania, forse la cosa si capisce meglio.
È comprensibilissimo che dopo un secolo e mezzo di trattamento coloniale (dopo annessione a mano armata e saccheggio) si voglia saldare il conto in termini territoriali, e magari tutto subito e tutto insieme (storia, economia, infrastrutture…): mai più colonia, o alla pari, o da soli! E si rivaluti (era ora) l’identità e la storia negata e diffamata. Ma bisogna allargare l’anima e lo sguardo oltre i confini del proprio orto sacro; la lezione che viene dai grandi uomini che hanno decolonizzato la propria gente: da tale condizione si esce solo con valori universali. E copiare è utile, se copi bene. Così da Gaetano Salvemini copieremo l’indicazione politica per l’applicazione dell’equità.
Voglio essere chiaro: sto facendo qualcosa che non volevo fare, che non so fare e che faccio per non avere la colpa di aver rinunciato a una possibilità (se è vero quel che mi dite da anni). Ma non intendo cadere nella trappola di ostracismi contrapposti. I treni ci vogliono, le strade pure, il rispetto ci è dovuto, ma la battaglia politica e civile per l’equità serve sopratutto a formare una generazione che non sia più oppressa dal senso di “minorità indotta” che da un secolo e mezzo induce gli abitanti di queste regioni ad accettare di essere trattati da parente povero e sgradito, a convincersi di esserlo (e quindi a non pretendere parità) e a sentirsene pure colpevoli. Tutto il resto (nomi, loghi, diffidenze…) sono dettagli.
Lo so, sta cambiando, era ora; ma non basta: deve finire!
(nella foto, l’abbraccio con Antonio Ciano, il nostro patriarca di Gaeta)
[wbcr_text_snippet id=”1252″ title=”Firma a fine articolo”]
2 Comments
gianfranco di leva
il discorso sull’euro però mi pare possa essere trattato come uno dei tanti “temi”; euro e la UE vanno identificati correttamente, e cioè come uno strumento di colonizzazione, e non soltanto da parte di un paese, la germania, su gli altri, ma del mondo capitalistico/ finanziario su quelle che sono le istituzioni nazionali ed i relativi popoli, e quindi un movimento che vuole intraprendere una lotta di de-colonizzazione del sud non può pensare di ottenerlo all’interno di un sistema che ha trasformato l’italia a sua volta in una colonia.
Personalmente non vedo come rimando nell’euro, con le sue regole di rigore di bilancio, o rimanendo nell’ue con le sue regole di libero commercio a discapito dei lavoratori, il sud possa avere qualche possibilità di rinascita.
saluti
gianfranco
gianfranco di leva
volevo scrivere “il discorso sull’euro però NON mi pare possa …”