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“IL MALE DEL NORD” CONCEPITO IN QUARANTENA E LA LEZIONE DEL VIRUS

Le due domande più frequenti sono, solo in apparenza, le più banali:

1 – Perché questo libro: “Il male del Nord”?

2 – Perché, in particolare, una speciale campagna di diffusione online?

1 – Non avevo programmato di scrivere questo testo, anche se avvertivo l’esigenza di produrne uno che riassumesse le ragioni della nascita del Movimento per l’Equità Territoriale, per illustrarne il valore, il messaggio universale. Qualcosa che si può trovare sotto la voce “politica”, pur se io non la vedo così, perché dovrebbe essere nell’ordine naturale delle cose, nell’essere umani, l’idea che se tolleri la mortificazione di un tuo simile, la riduzione dei diritti di alcuni per aumentare i privilegi di altri, stai squilibrando il mondo e, prima o poi, su quel piano inclinato, scivoli pure tu, si finisce tutti sotto, nel fango, mentre sopra, all’asciutto, rimangono i pochissimi aggrappati al bordo alto della trave. Ma se per far valere l’ovvio e umano serve far politica, politica sia.

Potevo immaginare che meglio di chiunque l’avrebbe detto un virus? Il covid-19 ha mostrato, chiaro come nessuno mai, che l’Italia è divisa di fatto e unita a chiacchiere, retorica patriottarda e fiabe risorgimentali. Il virus ha mostrato che la rappresentazione di un Nord, Lombardia in testa, efficiente, ben gestito, onesto è solo una estensione di un giudizio che deriva da “Nord più ricco”, soprattutto perché collettore di risorse pubbliche sottratte alle altre regioni e a detrimento dei diritti elementari di decine di milioni di italiani, del Sud e di aree interne, specie appenniniche, non solo meridionali. Ha mostrato un Sud che con strutture sanitarie molto inferiori e dirigenti politici molto meno stimati (ma che hanno operato presto e bene) ha gestito una tragedia immane in modo così esemplare, da meritare le lodi di osservatori e organi di stampa stranieri, mentre i giornalisti italiani, non trovando a Napoli scene di indisciplina e pericolo, le inventavano e, scoperti, dovevano scusarsi (come fossero eventuali assembramenti di terroni a mille chilometri di distanza a seminare morte in Lombardia).

Così, ho voluto immaginare cosa sarebbe successo se le cose fossero andate al contrario, se l’area di diffusione del contagio fosse stata al Sud, e dalle regioni meridionali si fosse consentito l’esodo massiccio e incontrollato di centinaia di migliaia di persone nelle regioni del Nord, esportandovi il virus; se fosse stata “la classe dirigente meridionale” a far scelte sbagliate, tardive, incomprensibili, come quelle del presidente lombardo Attilio Fontana e dell’assessore Giulio Gallera, senza che il governo succube avesse la forza di contrastarle, né di commissariare la Sanità padana.

Non è stato facilissimo, ma il risultato di questa banale operazione di capovolgimento è, persino nella pochezza delle mie capacità, sorprendente. Tanto da rendere subito comprensibile, estendendo la cosa ad altri campi e alla storia unitaria, la vera natura e le ragioni economiche della nascita della Questione Meridionale (sorta con l’invasione del Regno delle Due Sicilie e il sistematico saccheggio delle risorse, per avviare l’industrializzazione al Nord; divario poi accresciuto con immutata politica economica nazionale di investimenti pubblici solo a Nord e nulla o quasi a Sud: basti guardare la rete ferroviaria, stradale…).

MA la costruzione di un tale divario diviene, per i danni prodotti dal virus alla struttura del modello economico dominante (fondato su poche megalopoli in cui concentrare tutte le risorse, anche umane), una opportunità, perché trasforma le zone del mondo lasciate indietro, nei migliori punti di ripartenza di un nuovo modello economico non più industriale, ma informatico, che svuota le aree e le città troppo intasate e ripopola quelle che erano state abbandonate e impoverite. E come avvertono il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea e stuoli di analisti e docenti di economia: la locomotiva della ripartenza del Paese ora è il Sud. Vale per l’Italia, vale per il mondo.

2 – Quando ho scritto questo libro (furiosamente: in due mesi, dalla concezione alla stampa), la possibilità di diffonderlo era prossima allo zero, con le librerie chiuse e il precetto “#iorestoacasa”. Ho persino cambiato casa editrice, accettando la proposta di PienoGiorno, appena sorta, e che punta più di tutti sull’online (senza tralasciare le librerie, ovvio!). Poi, ai primi di giugno, c’è stato il “liberi tutti”, proprio mentre uscivano le prime copie di “Il male del Nord”. Ma la campagna online (Amazon, Ibs, FastBook…) è stata ed è utilissima: bello apprendere, quasi in diretta, che lettori residenti all’estero (Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Giappone, Canada…) hanno potuto riceverlo in così poco tempo; riconoscerne qualcuno fra quanti partecipano alle dirette quotidiane e avere da loro il messaggio con la foto della copertina “È arrivato!”. E fa un certo effetto vedere nelle classifiche di genere dei bestseller “Il male del Nord”, con un Sud raddrizzato nero su rosso in copertina e, qualche casella dopo, “Terroni” con il Sud rivoltato: fra una immagine e l’altra, dieci anni. E tante cose successe.

Ok, oggi è “Il male del Nord” day, da vivere in rete, online.

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