L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA DI LORSIGNORI NON ENTRERÀ NELLA LEGGE FINANZIARIA
Autonomia differenziata? Livelli essenziali delle prestazioni (sanità, scuola, eccetera), i Lep, uguali per tutti? Tutto chiaro, infatti non si capisce niente. Almeno stando alle dichiarazioni dei protagonisti dell’incontro governo-Regioni di giovedì scorso:
1 – il ministro alle Regioni, Francesco Boccia, può legittimamente sbandierare un testo su cui c’è l’accordo di tutti i partecipanti alla riunione dello scorso giovedì, perché soddisfa il rappresentante del governo e ha l’ok dei presidenti delle Regioni. Tutto sembrava andare liscio, tanto da preannunciare l’inserimento della legge-quadro sull’Autonomia in quella finanziaria, per farla passare di forza. Ma la replica meridionalista è stata durissima (i numeri sulle pagine di M24A-ET, il Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale, sono schizzati alle stelle); fra i cinquestelle, i più informati sul tema si sono mossi subito e chi ha scoperto di esser stato poco e male informato ha reagito chiedendone ragione; meno evidente ma non meno motivata la fronda interna al Pd, su questo: un sindaco Pd mi aveva detto prima della rinuncia al blitz nella finanziaria: «Se fanno questo, strappo la mia tessera, che è la storia della mia vita politica, e la spedisco a Zingaretti. Intanto, sto scrivendo un testo per informare i miei concittadini». Era già difficile capire da dove venisse e persino dove fosse l’unanimità sul testo ministeriale dell’Autonomia, dal momento che:
2 – i Lep? Ok, varateli pure, ma ve li pagate con i soldi “vostri”, dice il presidente della Lombardia, Attilio Fontana (sì, lui, il leghista che si propone salvare “la razza bianca”). Il che vuol dire: noi non ci mettiamo un euro e ci teniamo i soldi “nostri”. Che sarebbero, in realtà, nostri di tutti gli italiani, tasse statali, risorse nazionali rastrellate con ogni scusa possibile (Expo, Human Technopole, tav, autostrade inutili e orfane di auto, olimpiadi invernali, enti nazionali che figurano “lombardi” per un codice di avviamento postale…). L’economia del Nord in generale e lombarda in particolare è ormai solo una colossale macchina di assistenza pubblica spacciata per imprenditoria: l’unica industria che si sviluppa senza freni è quella delle tangenti, mentre muoiono o passano in mano straniera le grandi società della chimica (resta la Pirelli, ma è cinese), della meccanica (pure la Fiat se n’è andata), della moda (campo di mietitura di chiunque, di francesi agli arabi ai cinesi…);
3 – il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, dice che loro non sono come i leghisti cattivoni e arraffoni di Lombardia e Veneto, e vogliono solo gestir da soli i servizi, senza pretendere “un euro in più”. In più di cosa? Di quanto hanno acchiappato finora; ovvero della spesa storica, ovvero quello schifo di criterio di distribuzione delle risorse nazionali che in un secolo e mezzo ha fatto del Nord (terra di fame, pellagra, rachitismo e cretinismo per scarsa e cattiva alimentazione) una delle aree più ricche d’Europa e ridotto il Sud alla miseria, tanto da costringere all’emigrazione di massa un popolo che non l’aveva mai conosciuta in millenni (non che prima dell’annessione navigasse nell’oro, ma nessuno andava via da quel presunto inferno, mentre scapparono dal paradiso sabaudo e unitario); è la spesa storica che ha concentrato tutte le grandi opere pubbliche solo al Nord, lasciando il Sud con città che non hanno ancora il treno nel 2019; che dà ai Comuni del Nord sino al 300 per cento del fabbisogno e a quelli del Sud il 45,8 per cento di quanto dovrebbero ricevere; che salva il parmigiano facendone acquistare centomila forme con i soldi destinati al Sud, mentre i produttori di pecorino in Sardegna si suicidano e chiudono le aziende; e quando c’è il terremoto in Emilia, si mettono accise sulla benzina quattro volte più alte che per quello dell’Aquila, dove si sono avuti una città (e tanti paesi) rasa al suolo e 309 vittime… la spesa storica che riempie Reggio Emilia di una sessantina di asili e a Reggio Calabria solo tre, e poi si vede il governo stanziare centinaia di milioni non per dare gli asili a chi non ne ha avuti, ma per rimborsare pure la retta di iscrizione a chi li ha. “Non un euro in più”! Le siamo immensamente grati, Bonaccini!
4 – il presidente del Veneto, Luca Zaia, dice che la legge-quadro sull’Autonomia è ok, a parte alcuni dettagli. Cioè? “I sghei”, soldi. Ah! Tutta la manfrina dei Lep e dell’Autonomia differenziata (il trasferimento di competenze e risorse connesse, dall’amministrazione centrale alle Regioni) gira intorno ai soldi; se questi sono i dettagli rinviati, ovvero la sostanza, di cosa hanno parlato? Perché, non solo Zaia vuole più soldi di Fontana, ma nella bozza della legge veneta aveva pure specificato: il 90 per cento delle tasse statali (a parte gli extra, si capisce: dall’alta marea di tangenti del Mose, alle olimpiadi invernali, a opere pubbliche che il resto d’Italia dovrebbe pagar a chi, loro, non vuole versare ma solo attingere dalla cassa comune). Quindi? Se la definizione dei Lep sforasse i 12 mesi, si tornerebbe al sistema di “prima”: la spesa storica, ovvero quella che fotte da un secolo e mezzo il Sud e arricchisce il Nord.
5 – il presidente del Piemonte si sente rassicurato dal fatto che se i Lep non saranno definiti nei 12 mesi, come promette dal ministro nella bozza di legge a garanzia dei ricchi e a fregatura dei poveri, si torna alla spesa storica, quella che ogni anno, come certifica l’ente statale Conti pubblici territoriali, sottrae almeno una sessantina e passa di miliardi al Mezzogiorno, con mille trucchi (e la cifra, contando altri cespiti, sale a più di 80). Non hanno capito che o lo Stato distribuisce le risorse in maniera equa, perché a tutti si riconoscano gli stessi diritti e quantità e qualità di servizi (treni, scuole, cure sanitarie…) o il Paese si spezza. Senza equità, al Sud non resta che la secessione; analogamente, il Nord, di fronte al rischio di dover rinunciare al saccheggio storico della colonia meridionale, potrebbe scegliere la secessione (il veneto Zaia già la annunciò dopo la pagliacciata del referendum). La corda è stata tirata troppo.
6 – il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, è soddisfatto: gli va bene. E prima o poi scopriremo perché. Ma già da ora sappiamo che non sarà una bella notizia per il Sud.
7 – il presidente della Puglia, Michele Emiliano, saluta l’accordo di giovedì come la genialata che mette tutto a posto e salva l’unità del Paese: il Nord vuole le competenze; al Sud servono più risorse. Così, dando le competenze al Nord e le risorse al Sud… Ma il Nord vuole le competenze per rubare più soldi e non vuole che si definiscono prima i Lep, perché il costo dei servizi uguali per tutti non lascerebbe niente in cassa per chi pretende più degli altri. Davvero non sai cosa pensare, dinanzi a certe uscite: ha capito Emiliano cosa si è fatto in quella riunione? Ha capito che il testo predisposto dal ministro può diventare una trappola? Si rende conto di cosa voglia dire “i Lep in 12 mesi”? Non ci sono riusciti in 18 anni: con quali criteri si valuta il diritto al trasporto pubblico? La popolazione delle città? La qualità delle strade e l’intensità del traffico? L’estensione dell’abitato? E il confronto fra chi ha metropolitana e chi no? E fra chi deve partire quasi da zero e chi no? E quali i criteri per gli asili, e per le 23 materie che, con le loro diramazioni, ne sviluppano più di 150? Insomma, e se non c’è accordo su come definire i Lep, per decine di casi? Dodici mesi vi sembrano ragionevoli? Pure meno se vai alla grossa; se invece lo si vuol fare bene (verificando ogni criterio, per evitare che si faccia scempio dell’equità, come avvenuto nella Commissione parlamentare sul Federalismo) i 12 mesi non bastano e se scadono, ti becchi la fregatura storica della spesa tutta a Nord e niente al Sud.
Provate a immaginare cosa sarebbe successo se i Conti pubblici territoriali avessero dimostrato che ogni anno decine di miliardi sono al Nord. La guerra nucleare! Si sono inventati “il residuo fiscale” e referendum ridicolizzati dalla Consulta, per accampare ragioni e pretendere altri soldi. E tutti a pendere dalle loro pretese, come fossero Tavole della legge. Mentre i presidenti delle Regioni meridionali, dopo la certezza documentata di un saccheggio storico a danno del Mezzogiorno, cosa dicono? “Autonomia differenziata: faremo la nostra parte». Eeeeh?!?!
Quando imporrete al Paese un tema meridionale, invece di subire e accettare le pretese del Nord e considerare vittoria l’aver limitato i danni? Quando direte: Autonomia differenziata: ne parliamo dopo che ci avrete restituito i soldi che ci sottraete ogni anno? Quando obbligherete il governo, qualche esso sia, a partire dalla vostra proposta e dai diritti negati da sanare? Quando mostrerete, per una volta che sia una, che raddrizzare i torti subiti dal derubato viene prima delle ulteriori pretese del ladro? Quando sarete, in nostro nome e per un diritto che nasce meridionale, protagonisti e non comparse? Il tempo è cambiato, la storia dei vinti è giunta al termine. Ora è tempo che chi ha ridotto il Mezzogiorno in queste condizioni, se ci vuole ancora (e se noi li vorremo ancora) “faccia la sua parte”. Loro. Noi abbiamo già dato (anzi, se lo sono preso e glielo abbiamo lasciato prendere) e ora abbiamo finito tutto, anche la pazienza.
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6 Comments
regressist
Ti sei dimenticato di dire che i giallo verdi hanno regalato le centrali idroelettriche a Veneto (e forse Lombardia). Pagate coi soldi di tutti
Pino Aprile
non posso ripeterlo ogni volta…
regressist
Io non sarei così ottimista vista la totale disinformazione dei meridionali; quando perfino i cosiddetti governatori dicono che sono d’accordo… o sono conniventi o sono idioti e con questa gentaglia non si va da nessuna parte. Bisogna cambiarla? Sì ma ci vorranno molti anni e sarà tardi, è già tardi probabilmente (ma bisogna provarci, è vero). Non so nemmeno se oggi ET supererebbe il quorum. Il problema detto rozzamente è che nel Sud troppi tifano juve milan e inter, decenni di diseducazione televisiva non si cancellano facilmente. Ci vorrebbe una tv meridionale, un consorzio di TV locali che trasmettono un programma comune meridionalista almeno una volta al giorno
Pino Aprile
ce ‘abbiamo fatta una volta, possiamo farcela un’altra volta. Quello che ci vorrebbe lo sappiamo, purtroppo. Nel nostro piccolo, e siamo sempre più numerosi e determinati, intanto usamo quello che c’è. E funziona, in attesa del più e del meglio
giovanni PRUDENZANO
PER NON PARLARE DEL TRUCCO DELLE SEDI LEGALI, PER FREGARE SOLDI AL SUD.
Pino Aprile
in realtà, ne parleremo…