IN CALABRIA VINCE IL VECCHIO AVANZATO, IN EMILIA IL SOLITO, DEL SUD FREGA NIENTE A NESSUNO
Non c’è molto da dire a commento delle elezioni in Emilia Romagna e Calabria: i numeri parlano da soli; provo a riassumere:
la maggioranza degli elettori (o quasi la maggioranza, in Emilia Romagna) non vota;
la Lega vince i sondaggi pre-elettorali e perde le elezioni: pareva pigliatutto, ma piglianiente (ha perso pure a Bibbiano e al “Pilastro” di Bologna, il quartiere dove capiton Salvini forte con i deboli importunava in casa gli abitanti, insultandoli al citofono: noi lo facevamo da bambini, ma dopo aver suonato, scappavamo via, perché noi avevamo ancora il senso della vergogna): in Calabria, dove si temeva la calata dei barbari, la Lega è per un pelo il terzo partito (circa 12 per cento, meno di quanto i partiti di estrema destra han sempre preso lì), insidiato da FdI; in Emilia Romagna, dove gli elmi cornuti di Pontida già si vedevano nelle mura di Bologna, pronti a insediarsi nella reggia e abbattere gli dei nei templi del nemico, la Lega non arriva al 32 per cento e la candidata Lucia Borgonzoni Chi? (la campagna elettorale l’ha fatta Salvini, lei era a lezione di geografia a studiare i confini della sua regione, avendo scoperto che non è attigua al Trentino, come credeva), e assieme agli alleati di destra, rimane indietro di almeno otto punti, rispetto a Stefano Bonaccini:
il Pd “ormai estinto” è il primo partito sia in Calabria che in Emilia Romagna;
il M5S fu. Qualche anno fa non c’era e ora piano piano non c’è più.
IL GOVERNO DURA, ALMENO UN ALTRO PO’
Con queste premesse, il governo dura; forse non tantissimo, ma parecchi mesi, un anno e anche più potrebbe reggere, salvo poco probabili sorprese della ditta sfasciapagghiara Matteo&Matteo associati. In mezzo, ci sono elezioni comunali importanti.
Né Lega, né Forza Italia, né Fratelli d’Italia, né Pd hanno detto una parola sul Sud; il M5S aveva vinto la lotteria a Sud, diventando il primo partito e, ormai in stato confusionale, lo ha regalato a Salvini, poi al Pd (se non fosse andato al governo, non importa come, ti spiega qualcuno nel M5S, per la regola del no al terzo mandato, Gigi Di Maio avrebbe concluso la carriera senza diventare ministro. Rischio è stato sventato, a prezzo del M5S). Ora il Sud è in cerca di rappresentanza e metà degli elettori del Nord si astengono non ritenendo ci sia, fra le schede elettorali, chi meriti il fastidio di andarvi a porre una croce sopra.
Chi pensava che queste regionali fossero la resa dei conti (e la possibilità di cataclismi, in effetti, pareva reale) può, guardandone con freddezza i risultati, valutare che si è trattato di una votazione come le altre: nella regione “della sinistra” (tanto di sinistra da fare le stesse cose, appena sfumate, delle regioni leghiste Lombardia e Veneto, quando si tratta di fottere altri soldi a chi già ne riceve meno, il Sud, con l’Autonomia differenziata); il secondo partito, quale che sia, in quella regione, prende molto, ma perde; e al Sud vince non il nuovo che avanza, ma il vecchio avanzato, imposto dal Nord con ascari locali; pur se di fatto, del Sud, della Calabria, “non importa niente a nessuno”, come detto pubblicamente dal ladro di risorse e asili ai Comuni del Mezzogiorno (in complicità con il Pd, quando era presidente della Commissione parlamentare sul Federalismo fiscale), il leghista Giorgetti.
IL MEZZOGIORNO DI NUOVO IN CERCA DI RAPPRESENTANZA
Quindi come stanno le cose adesso, “dopo il voto”? Esattamente come prima: il Sud non esiste, i partiti del Nord mettono dei manici di scopa locali sulle sedie, perché tutto resti com’è: la colonia meridionale a ingrassare con il suo sangue (intendendo con questo: dai soldi ai figli) i rapinatori del Nord (intendendo con questo: i ladri di risorse pubbliche da sprecare in mazzette e finzione di opere pubbliche fatte male e mai terminate, dal Mose alle pedemontane con le gallerie nuove che cadono a pezzi, alle Brebemi, emblema di autostrade inutili, costose e deserte, alle linee di alta velocità ferroviaria più costose del mondo e solo per alcuni, ma con i soldi di tutti, eccetera).
Vi riporto solo due cose narratemi da due amici calabresi:
“Ho chiesto a mamma, in Calabria: voti? Mi ha risposto: ‘Cosa? Per chi? Per che?’. Vive sola, con tre figli emigrati”;
“Ho dovuto portare mia madre in un ospedale dell’Emilia Romagna: meridionali gli impiegati, i medici, gli infermieri, i titolari della pizzeria vicina; meridionali pure i malati. E meridionali, della regione Calabria, i soldi con cui tutto questo viene mantenuto, lì”.
O ALLA PARI, O DA SOLI
Beh, se mi sto rovinando la vita (dovrei e vorrei fare altro) e la sto complicando a tanti di voi, tanti amici che si sono imbarcati in questa impresa, senza mezzi, ma con grandi volontà, è perché questo deve finire. E finirà. Non so quanto ci metteremo, so solo che finirà; cominciamo da subito, nei Comuni, allargandoci nel territorio, senza ascoltare chi vorrebbe ci buttassimo in avventure o-la-va-o-la-spacca, perché noi non vogliamo tentare, per dire che ci abbiamo provato, noi dobbiamo riuscire.
A far cosa? O equità territoriale, diritti, infrastrutture e risorse alla pari, o da soli.
4 Comments
Salvatore maletta
Il progetto a medio lungo termine é costituire ed organizzare una forza politica?
Pino Aprile
il Movimento per l’Equità territoriale è una forza politica che mira all’ottinimento di pari diritti, se no, ognono per conto suo
Pasquale
Grande Pino ancora un’analisi precisa che condivido. Io faccio parte di questi visionari, forza ce la faremoooo !!!
Pino Aprile
sicuro!