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DIARIO AI TEMPI DEL VIRUS. DAL NORD L’EPIDEMIA ESPORTATA A SUD

UN

LA SCELLERATA MIGRAZIONE SENZA CONTROLLI DIFFONDE IL MORBO

Diario dalla reclusione volontaria-forzata ai tempi del virus:

1 – Allora: a diffondere il testo provvisorio del decreto governativo sulla chiusura a “zona rossa” di mezzo Nord e scatenare l’irresponsabile esodo di massa verso Sud dalle aree contaminate è stato il collaboratore di un ministro, la Regione Lombardia (il presidente Fontana annuncia querele) o la Lega, dalle pagine dei social (gira di tutto, vai a capire cosa è vero e cosa no)? Nella ricerca su chi sia stato il primo farabutto o cretino, la certezza è che, per incoscienza o gesto criminale, si è agito in modo da diffondere ovunque il virus e arrecare danni spaventosi agli abitanti del Mezzogiorno, pochissimo attrezzato a reggere un’epidemia.

Forse sarà la magistratura ad accertare eventuali responsabilità. Ma a gestirne le conseguenze non possono esser lasciate sole le Regioni del Sud. Lo Stato (in senso largo), per incapacità o altro, ha generato il problema, e ora le sue strutture (Protezione Civile, ministeri della Sanità, per le Regioni, per il Mezzogiorno) devono intervenire massicciamente per indagare sulla reale diffusione del coronavirus a Sud e disporre quanto serve, per rendere la risposta al rischio e al morbo, della stessa entità e qualità che al Nord. E se ci son differenze (pare ci siano…), vanno colmate. Perché non averlo fatto prima e anzi aver creato queste disparità non può giustificare una difesa inferiore dei meridionali.

2 – I presidenti delle Regioni meridionali hanno l’occasione e il dovere di chiedere risorse per riattivare gli ospedali chiusi “per risparmiare” (a spese della salute dei terroni e dei bilanci delle Regioni del Sud, costrette a strapagare le cure di loro cittadini in ospedali del Nord). La migrazione scellerata e indotta di persone a rischio infezione da coronavirus ora rende il Sud la parte più debole d’Italia, perché in assenza di strutture, un picco come quello del Nord avrebbe effetti devastanti. A Napoli, già ora, un poveraccio deve denunciare sui social di essere stato abbandonato, con la sorella morta di coronavirus ancora in casa, lui che le ha fatto la respirazione bocca a bocca e non gli fanno il tampone; in Calabria già decine di migliaia di persone senza medici di base, perché contagiati. C’è pochissimo tempo: gli ospedali ci sono, vanno solo riaperti e attrezzati, non costruiti ex novo, come in Cina. Ma bisogna sbrigarsi, è già tardi adesso. I presidenti del Sud pretendano il rispetto della salute e della vita dei loro concittadini. Ora; dopo sarà inutile. Mostrino fermezza e coesione, senza farsi coinvolge dallo sbando totale in cui versa il Paese: dalle zone rosse si entra e si esce come si vuole; abbiamo visto i militari blindare qualche paesello. Bravi. Ma da Milano si parte per il fine-settimana sulle nevi, si “rientra” a Sud, pure dopo lo scandalo della migrazione di massa e l’allarme. I presidenti delle Regioni del Sud decidono la quarantena per chi viene da quelle zone, ma il ministro Boccia li smentisce. Solo in Puglia, i rientri “autocertificati” sono quasi diecimila. Quanti saranno in tutto? E nell’intero Sud? Siamo a numeri da bomba batteriologica.

3 – Ora il governo sta acquistando grandi quantità di macchinari per fronteggiare le emergenze. E andranno, ovviamente, alle regioni più colpite (giusto): Lombardia, Veneto (di Autonomia non si parla più…). Vorremmo essere sicuri che ci sarà altrettanta disponibilità e solerzia per le situazioni che dovessero palesarsi a Sud. E la cui entità non conosciamo davvero: solo nelle due regioni più tormentate dal virus si erano fatti, entro l’8 marzo, quasi 35mila tamponi; soltanto poco più di un centinaio in Calabria, in Basilicata e in Molise; circa 150 in Sardegna, una decina in più in Abruzzo; intorno a 2.500 fra Campania e Puglia. Ci sono delle norme per i tamponi, ma non sembra che siano state sempre rigorosamente rispettate. Si son registrati eccessi in più e in meno. Difficile fugare l’idea che quello che non cerchi non lo trovi.

4 – Vado a memoria: in Italia, il coronavirus cinese è stato isolato all’ospedale Spallanzani di Roma (dove hanno salvato la coppia di cinesi che pareva spacciata), da tre ricercatrici meridionali premiate con un “encomio solenne” dell’Ordine nazionale dei biologi, Maria Rosaria Capobianchi, Concetta Castilletti e (quella che lo ha individuato) Francesca Colavita, precaria, poi finalmente assunta. Il ceppo italiano del virus viene isolato a Milano all’ospedale Sacco, da una squadra di biologi fra cui quattro precari: tre donne e un polacco. A Napoli, al “Pascale” scoprono una cura sperimentale contro il coronavirus con un farmaco per l’artrite reumatoide. Ed è stato un ricercatore italiano a centrare la mutazione genetica che ha consentito al virus di passare dal pipistrello all’uomo: uno studente di Montecorvino Rovella (Salerno), Domenico Benvenuto, che prepara la tesi per laurearsi in medicina al Campus Biomedico di Roma.

Il genio non ha latitudine. Ma un pensierino ci sta: perché i più grandi centri di ricerca italiani, finanziati con i soldi di tutto il Paese, devono stare solo al Nord, a Genova (IIT, Istituto Italiano di Tecnologia) e a Milano (HT, Human Technopole, che da solo si prende, e vorrebbe gestire in totale autonomia, più risorse che il resto d’Italia messo insieme)? Una preminenza che, almeno a giudicare dai risultati (il confronto fatto dai ricercatori del Roars fra IIT e Politecnico di Bari) non parrebbe giustificata.

5 – La paura è un ottimo sentimento, non va sottovalutata: ci fa prudenti. Ma non bisogna farsi paralizzare o indurre a perdere il senso delle proporzioni. Questa epidemia è molto brutta, è come una feroce influenza, ma non è quella; uccide un po’ più di quella e il timore che “un po’ più” sia “un po’ tanto” non è infondato, ma ancora non siamo a quel punto. Quando accadono cose che spaventano, a mio nipote racconto che mio padre ha vissuto due guerre mondiali e una coloniale, è sopravvissuto alla più grande pandemia della storia dell’umanità (la “spagnola”: 50 milioni di morti) e a tre anni e mezzo di campo di concentramento. Ma se devo ricordare com’era, beh: sorridente, con quel filo perenne di ironia e gli occhi chiarissimi e strizzati. La condizione umana era uno stato di guerra interrotto da brevi periodi di pace per preparare la seguente. Non c’è mai stato un nostro predecessore che abbia vissuto in pace di tutta la sua vita e abbia avuto tanto cibo e tante cure. Per quanto brutto, è incredibilmente il mondo migliore di sempre, n’est pas, monsieur Pangloss?

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