17 marzo 1861: l’Italia fu “unita” con un genocidio e la riduzione dell’ex Regno delle Due Sicilie a colonia. Ora si smembra per la secessione delle Regioni più ricche (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna)
Brano tratto dal capitolo “Uno Stivale in laboratorio”, da “L’Italia è finita”
L’Italia è sempre stata un laboratorio delle strategie per la ridefinizione degli equilibri di potere continentali o mondiali, ed è anticipatrice: nella nascita degli Stati nazionali, precedette la Germania e avviò un metodo studiato e (almeno nelle dichiarazioni) copiato dall’Albania di Enver Hoxha all’India di Gandhi; e, a parte il mito di stampo cinematografico di Garibaldi, Giuseppe Mazzini ha «esercitato un’attrattiva eccezionale su generazioni di nazionalisti progressisti e leader rivoluzionari: la sua vita e le sue opere hanno ispirato movimenti patriottici e anticoloniali in Europa, America Latina e Medioriente». Il presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson «fece dell’internazionalismo liberale» di stampo mazziniano «una dottrina politica negli affari esteri», scrivono Stefano Recchia e Nadia Urbinati in Cosmopolitismo e nazione. L’Italia fu ancora anticipatrice in occasione della presa del potere da parte del fascismo, che fu strumento per l’espansione dell’industria bellica e argine ai movimenti socialisti; ancora una volta, la Germania seguì, con un Hitler sfrenato ammiratore di Mussolini (ma Churchill non era da meno, all’inizio), di cui copiò, esasperandoli, i metodi; poi, le armi dell’Asse e l’alleanza tra i due estesero l’infezione nazifascista quasi a tutta l’Europa, con partiti e governi replicanti.
QUI LA CULLA DEL CATTOLICESIMO MONDIALE
L’Italia era stata anticipatrice ancora prima di esistere come Paese: il cattolicesimo è partito da qui ed è dilagato nel mondo, nonostante fosse solo una (e nemmeno fra le più diffuse) delle decine di sette cristiane, al tempo della crocita contro i Catari (la prima crociata lanciata dai cristiani fu contro altri cristiani; poi toccò ad altri eretici e ad altre religioni “sbagliate” nel mondo; un po’ come avviene con l’eliminazione delle “nazioni di troppo” e la creazione degli Stati nazionali).
NEL MONDO BIPOLARE USA-URSS, ITALIA BANCO DI PROVA
L’Italia è stata il laboratorio in cui, nel mondo bipolare Usa-Urss, si sono confrontati il maggiore partito di ispirazione filo-occidentale, la Democrazia cristiana, forte dell’appoggio del Vaticano, e il più grande partito comunista al di fuori del Blocco orientale. Decenni più tardi, un dirigente dei servizi segreti statunitensi spiegò che, dopo la Seconda guerra mondiale, si sperimentarono nel nostro Paese le operazioni “coperte” da replicare nel mondo (dire che il sospetto ci era venuto è il minimo); e gli altri non rimasero a guardare. La radicalizzazione ideologica usata e manovrata da poteri che si confrontavano in casa nostra ci dette il discusso primato degli anni di piombo, con il terrorismo di destra e di sinistra, le bombe nelle piazze e sui treni.
SI SPERIMENTA DA NOI, PER LA PRIMA VOLTA, IL PARTITO-TV
Poi, il violento rigetto delle ideologie rese l’Italia di nuovo anticipatrice con il berlusconismo, parodia del metodo democratico asservita agli interessi personali di un imprenditore. Uno smantellamento dello Stato, delle sue funzioni di garanzia e (per l’azione leghista condivisa di fatto da tutti gli altri) dei diritti, non più derivanti dalla cittadinanza, ma dal reddito pro capite della regione di residenza e dal proprio. Il tutto ridicolizzando istituzioni e valori comuni e imponendone uno solo: il successo, la ricchezza e il potere, non importa come ottenuti.
A chi chiede se ci sarebbe stato Trump senza Berlusconi, non so rispondere: certo sono parte dello stesso fenomeno e accomunati dallo stesso stile (ammesso che sia lecito usare questo termine per definire i loro modi). Ma nelle vicende e nelle azioni di alcuni uomini si riassumono sentimenti e valori di intere epoche; se a livello personale Berlusconi e Trump “sono” quello, a livello collettivo rappresentano quello. Il mondo che li ha espressi, per quanto possano averlo alimentato, non lo hanno creato loro: tutt’al più il contrario.
E AL TEMPO DELL’INFORMATICA, ITALIA PRIMO PAESE CHE MUTA I “LIKE” IN VOTI
Ancora più importante è il campo ultimo in cui l’Italia si rivela anticipatrice: la forma e gli strumenti del potere nell’era informatica. La televisione, arma della presa del potere da parte di Berlusconi, è stata l’ultima fiammata della civiltà industriale; quella informatica esiste, opera, vince e perde sul web: “la Rete”. I vecchi partiti erano come la Chiesa e i carabinieri: una trama di sezioni, federazioni e comitati centrali (provinciale, regionale, nazionale) gerarchicamente piramidali, a marcare il territorio, e riti, liturgie, gesti di riconoscimento, dal pugno chiuso al segno della croce.
L’uso politico della televisione ha reso immensamente vecchio tutto questo. E “la fama”, vera o presunta, sostituisce spesso il valore di rappresentanza dei protagonisti, sempre meno attori nel senso dell’agire e dell’essere, e sempre più tali nel senso del sembrare e del muoversi a soggetto.
Un tempo era la piazza, metafora della democrazia, a eleggere i capi; i giornali ne furono la trasposizione su carta; la radio fu il campo su cui furono combattute le prime battaglie del Ventesimo secolo: Mussolini e Hitler ipnotizzarono interi popoli con la voce e la parola. Al tempo della televisione, il sembrare ha generato più potere dell’essere.
La svolta informatica ha reso vecchio pure questo.
E come si fa la politica sul web? Ancora una volta, l’Italia è anticipatrice e laboratorio, con l’avventura del Movimento 5 Stelle. Non era mai accaduto che la vita di un movimento politico si svolgesse tutta nel mondo “virtuale”, dove il M5S nacque come “popolo da tastiera” per agire nel mondo “reale” trasformando, nel passaggio dall’uno all’altro, i “mi piace” in voti.
FINISCE “QUEL CHE ERA”, NON È CHIARO ANCORA “QUEL CHE SARÀ”
Siamo solo agli inizi della costruzione di un nuovo codice di valori “digitali” che diventano politica, in una stagione di passaggio da una civiltà (industriale) a un’altra (informatica); questo è il tempo in cui “quello che sarà” e “quello che non sarà più” si mischiano e si confondono, perché non tutto smetterà di essere com’è e non tutto sarà come ci si aspetta. E sarebbe da ingenui pensare che a quest’opera siano estranei osservatori e poteri ormai così grandi da usare gli Stati come pedine del loro gioco su una scacchiera unica e planetaria. La partita che si sta giocando in Italia non è italiana o non solo italiana (a meno di credere che ai nostri alleati e concorrenti non importi cosa avviene qui).
LA FINE DEGLI STATI-NAZIONE. A PARTIRE DALL’ITALIA
Se nel 1989 la caduta del muro segnò l’inizio dello smembramento a Est dell’ex impero sovietico e dell’ex Jugoslavia, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue potrebbe essere l’avvio dello smembramento degli Stati nazionali a Ovest. «Gli Stati-nazione costruiti nel corso di secoli e secoli non hanno oggi la dimensione adeguata per produrre e applicare regole efficaci nel quadro del capitalismo globalizzato del xxi secolo» scrive Thomas Piketty. La procedura digitale fa il primo passo in Italia, mentre prove di secessione avvengono in Spagna (non solo in Catalogna), Regno Unito (non solo in Scozia), Francia (non solo in Corsica), Danimarca (vedi la Groenlandia), Stati Uniti (non solo in Texas). E da noi.
Perché proprio l’Italia potrebbe essere il banco di prova?
Siamo il Paese che dà più appigli: perfetto laboratorio del futuro del mondo per dimensione (né troppo grande né troppo piccolo), storia (addirittura generatore dell’Europa grazie alle armi e alle strade di Roma) e geografia.
L’Italia è dunque la migliore candidata a fornire “l’algoritmo della disgregazione” di uno Stato nazionale nell’ex Blocco Occidentale