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COSA LEGA “L’ITALIA È FINITA” A “IL POTERE DEI VINTI”

IL PRIMO È UNA SPIEGAZIONE DI QUESTI TEMPI, L’ALTRO LA RICERCA DEL FUTURO POSSIBILE

«“Il potere dei vinti” è la seconda parte di “L’Italia è finita”», riassume l’amico e collega che sa leggere oltre le pagine. E ci ha azzeccato. Non era facile: “L’Italia è finita” è un saggio, un lavoro giornalistico di indagine su cosa ha portato il nostro Paese e l’intero pianeta a questo punto, con il declino della civiltà industriale e l’imporsi di quella informatica; il che comporta la disgregazione degli Stati nazionali (funzionali alla civiltà industriale), e forse l’Italia per prima, perché ostacoli alla globalizzazione (funzionale alla civiltà informatica). Così, se da noi (vedi Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, referendum in saor e Autonomia rinforzata dal furto) i ricchi cercano di scappare con il malloppo dallo Stato da cui hanno tratto la loro ricchezza, svuotandone la cassa, altrettanto accade con la raccolta di firme per referendum secessionisti in Catalogna, Baviera, California, Texas…

DALLA SAGGISTICA ALLA NARRATIVA, MA IL TEMA È SEMPRE: NOI E IL NOSTRO TEMPO

“Il potere dei vinti” invece è un romanzo, quindi non saggistica, ma narrativa, ma tratta della ricerca della ragione di vita di un uomo (sintesi…) dal crollo del muro di Berlino (fine dell’era industriale e avvio di quella informatica) alla decisione di affrontare con una barca a vela la peggiore tempesta di sempre contro il promontorio del Meliso, il Tacco d’Italia, dove due mari gemelli, Adriatico e Jonio, si scontrano, come due ere dell’umanità, spinti dal vento del Nord che, diviso dal Tacco, genera due venti gemelli che si affrontano dinanzi al Meliso.

Se “L’Italia è finita” è il ragionamento e la spiegazione del perché un mondo finisce e un altro sorge, “Il potere dei vinti” è la ricerca di una via nel caos del “tempo di mezzo” fra un’era e l’altra, sapendo che non saremo più quel che siamo stati e non sappiamo ancora cosa saremo.

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