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AUTONOMIA DIFFERENZIATA: O SALTA IL PAESE O SALTA LA MAGGIORANZA O SALVINI

L’Autonomia differenziata spacca l’Italia, o si spacca la maggioranza, o si spaccano i partiti della maggioranza, primo fra tutti proprio la Lega. È un gioco soltanto a perdere, a ogni livello. Vediamo a partire dal basso (in tutti i sensi), dalla Lega, perché.

Il partito razzista anti-meridionale ha trasformato l’Autonomia differenziata nel Graal: su questo trofeo poggia ormai il futuro stesso della Lega, anche se molti (pure fra loro) si rendono conto che la vittoria potrebbe uccidere il vincitore. Per mantenere un livello di vita che non si può più permettere, il Nord drena sempre più risorse destinate al Sud e così lo impoverisce al punto che non potrà più vendergli le sue cucine componibili e le sue merendine. E sarebbe il fallimento della già vacillante economia padana, che ha come mercato principale il Mezzogiorno. L’egoismo accieca: è già accaduto alla Germania che, violando per anni le norme-limite europee per le esportazioni, ha impoverito troppo i suoi clienti e ora vede la propria economia declinare.

Ma i dirigenti leghisti del Nord promettono quei soldi da troppo tempo ai loro elettori; Salvini ha frenato finora, fingendo di accelerare (con la frizione…), nel timore di perdere i consensi guadagnati al Sud, con il paradossale risultato che se oggi è ancora segretario nazionale, lo deve all’appoggio incondizionato, servile, dei dirigenti terroni del partito, avendo in gran parte contro quelli padani, tanto che gli tocca cacciarne qualcuno ogni tanto (specie veneti), per restare alla guida di una Lega sempre più magra.

A questo punto, però, non può più traccheggiare e l’ordine dato a Calderoli è di portare il mostro a casa, a qualsiasi costo, e comunque, prima delle elezioni europee, per poter sventolare davanti alle urne quella bandierina. Per questo, il Porcataro (dicesi di autore di porcate e lui lo dice di se stesso) smussa qua, smussa là, accetta di tutto, per non far arenare la chiatta. La cui sostanza rimane quella, anche se ai veneti suonano come cedimento pure quelle finte concessioni, tanto che criticano la versione ultima del decreto (forse per colpire di sponda Salvini). E ancora non sapevano del patto segreto, appena svelato, per spostare l’approvazione della Porcata calderoniana a dopo le elezioni.

Capitan Cazzaro è messo malissimo, di fatto è già ex segretario nazionale della Lega: i dirigenti del Nord hanno disertato in blocco, con scuse offensive (mancava solo: «È morta nonna») la recente “radunata” dell’estrema destra europea. Dopo l’exploit di qualche anno fa oltre il 30 per cento, oggi la Lega è tornata a una sola cifra (cifretta), con andamento a calare e, soprattutto (dolooore!), ormai fissa sotto Forza Italia, che sembrava destinata a estinguersi con il suo fondatore. Pochi della nutrita pattuglia che la Lega mandò al parlamento europeo la scorsa volta riusciranno a conservare sedia e stipendio. E quando vengono meno i principi…

Quindi, qualunque cosa comporti l’Autonomia differenziata al Paese, alla maggioranza, Salvini deve averla per salvare la sua testa, tanto che ha minacciato la crisi di governo, se la nuova porcata di Calderoli non dovesse arrivare al traguardo, fissato per il 29 aprile prossimo. Quindi: o salta la sua testa, o salta il governo, o salta l’Italia, che a detta di tutti (salvo la Lega e i suoi servi terroni) non resisterebbe alla botta finale del razzismo di Stato.

Ma Fratelli d’Italia sopporta sempre meno i ricatti del Cazzaro Disperato. Il partito di Giorgia Meloni ha il serbatoio di voti a Sud e fatica sempre di più a far accettare l’Autonomia differenziata: lo sanno benissimo i parlamentari eletti nel Mezzogiorno che la pagheranno cara (il Movimento per l’Equità territoriale ha cominciato una campagna di informazione degli elettori, con nomi e cognomi sui manifesti). Sanno che la Porcata può distruggere “la Nazione”, ma se non la fanno passare, Salvini distrugge con la crisi di governo e nuove elezioni (perso per perso…) i loro conti in banca e i progetti lunghi una legislatura.

Questo apre tensioni nel partito, fra gli eletti al Nord e quelli al Sud: i primi forse ci guadagnano con la Porcata, gli altri ci rimettono e basta. Al centro, Giorgia Meloni, che è sempre stata contro l’Autonomia differenziata, ma non può dirlo (quando lo fece, nel 2018, i suoi dirigenti settentrionali le fecero rimangiare le parole). Così, ha messo in campo un’inutile, sempre più vuota e forse persino dannosa “mossa del cavallo”, uno scarto laterale: la riforma del “Premierato forte”, ovvero più poteri al capo del governo, che dovrebbe essere eletto direttamente e non dal parlamento.

Ma anche questa è una mossa disperata, quanto quella di Salvini. Intanto la Lega è in vista del traguardo con l’Autonomia differenziata, mentre Fratelli d’Italia arranca con il Premierato forte, con il rischio di non farcela a poter sventolare la loro bandierina in tempo per le elezioni europee (per cose come questa, in Calabria hanno un detto terribile: “A nuttata e a figlia femmena”, a significare la delusione dopo tanto travaglio).

La soluzione temporanea è, come da patto non più segreto, una mezza cosa il 29 aprile e il rinvio dell’approvazione a dopo le elezioni di giugno. Un risultato, però che, come vedremo, si deve più al livello di irritazione di Forza Italia, divenuto quasi ingestibile.

Non solo, ma mentre l’Autonomia differenziata si traduce subito in “soldi, soldi, soldi” al Nord (sorvoliamo sulle miserie propalate dai leghisti terroni per dover di pagnotta), il Premierato forte suona poco comprensibile e pure un po’ inquieta: più poteri al capo del governo (e a me niente?). Cosa che più o meno si traduce in “Esticazzi!”. Se non in peggio, perché: l’Autonomia differenziata trasferisce centinaia di competenze (poteri, soldi) dall’amministrazione centrale a quelle regionali, ovvero dal governo, i ministeri, agli assessori locali, quindi che senso ha avere più poteri, stando al centro, su una scatola svuotata? E poi, la Lega, con l’Autonomia differenziata, acchiappa subito, Fratelli d’Italia, con il Premierato non si sa cosa acchiappa, quando, e soprattutto “se”: la regola di queste astruse riforme è che uno le fa e un altro ne gode, se non si ritorcono proprio contro chi le ha ideate (non piace quasi a nessuno che il Premierato forte indebolisca l’unica istituzione che ancora gode della fiducia degli italiani: la presidenza della Repubblica. E a danno di un galantuomo come Sergio Mattarella).

Così, se pure i deputati meridionali di FdI, dopo i loro colleghi senatori, approvano l’Autonomia differenziata (e lo racconteremo ai loro elettori), rischiano non soltanto di vedere “la Nazione” sgretolarsi, ma il partito perdere voti solo a Sud, facendo saltare la loro rielezione. Le cose, però, sono arrivate a un punto tale, che gli uni e gli altri sono costretti ad andare avanti su una strada che sanno sbagliata e perdente, per non essere i soli a perdere.

Quindi, se FdI non può più fermare l’Autonomia differenziata, deve avere una sua bandierina da sventolare alle elezioni europee. E il Premierato forte, per quanto discutibile, qualcosa è, per gente sensibile al mito fascistoide dell’uomo solo al comando. Con i superpoteri sul resto di niente, la ducetta Meloni potrebbe persino decidere se mettere i gerani alle finestre di palazzo Chigi, senza chiedere niente a nessuno!

Chi è messo male è Forza Italia: era il vaso di coccio della coalizione di destra, la sua dote di voti declinava con la salute del suo fondatore e pareva doversi estinguere con lui. Rimasta in piedi, ha visto prima fermarsi l’emorragia, poi il suo bottino consolidarsi e infine addirittura crescere, sino a sorpassare la Lega, che pareva dovesse ingoiarla. È il premio elettorale per l’effetto ottico che fa sembrare Forza Italia più moderata di quanto davvero sia, rispetto agli alleati di estrema destra.

Sull’Autonomia differenziata, Forza Italia è sempre stata contraria o poco interessata. Lo stesso Berlusconi era per il no (da imprenditore vedeva i danni economici di un’Italia a pezzetti). La Lega, però, la poneva agli alleati come prezzo da pagare per l’azione comune, mentre l’adesione di FdI e FI al progetto è sempre stata di convenienza e di scarsa o nessuna condivisione. E adesso, con i sondaggi in caduta libera, per la Lega, poter vantare l’Autonomia differenziata è ormai questione di vita o di morte (anche del governo).

FdI para il colpo (malamente, ma lo fa) con il coniglio dal cappello del Premierato forte, ma FI con cosa? Non ha niente da sbandierare alle prossime votazioni europee, per reggere il confronto con i trofei degli alleati. E si trova nella condizione peggiore di tutti: dei tre, è il partito più lontano dal progetto leghista, il più contrario, ma costretto ad approvarlo o cade il governo.

Non solo, FI è anche il partito più meridionale in assoluto, praticamente è calabro-siculo, più un po’ di frattaglie nel resto del Paese. Quindi è il partito di maggioranza che rischia di pagare il prezzo più alto alla Porcata di Calderoli, e di pagarlo in cambio di niente. Perché, se FdI riuscirà a vendere agli elettori il Premierato forte, dovrebbe come minimo reggere; mentre la Lega, con l’Autonomia differenziata, potrebbe recuperare terreno perso, togliendolo a FI. Il partito berlusconian-terrone si ritroverebbe nuovamente ultimo e sarebbe quello maggiormente attaccato, da Sud, per aver ceduto alla prepotenza leghista.

Per ora pare ci abbiano messo una pezza, con il rinvio a dopo giugno dell’approvazione della Porcata anche alla Camera e il varo, il 29 aprile, di un qualcosa che permetta alla Lega di gridare al successo “quasi” raggiunto. Ma è solo una bomba a orologeria a cui stanno spostando le lancette.

Perché, con la Porcata, tutti perdono: il Paese, anzi “la Nazione”, che può andare in pezzi, come la coalizione di destra scossa da troppi strappi, come la Lega in cui Salvini è ai tempi supplementari e potrebbe essere defenestrato subito dopo il risultato delle elezioni europee: capitan Cazzaro si sta giocando tutto in queste settimane, incalzato dalla fronda interna, soprattutto veneta. Di quello che succede al Paese, anzi, alla “Nazione”, a lui, a “Gioggia”, e alla stragrande maggioranza di questi scappati di casa, non frega, ormai è chiaro, proprio nulla

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