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ANCHE LA CAMUSSO FIRMA CONTRO “LA SECESSIONE DEI RICCHI”. IL PARTITO UNICO DEL NORD ACCELERA. LA CLASSE DIRIGENTE COLONIALE DEL SUD TACE/ di Pino Aprile

Cos’è la Questione Meridionale? Guardate la vicenda del trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni: il Nord compatto, dalla Lega al Pd, a far la gara a chi si intesta la rapina dei soldi pubblici da portare ai propri elettori, perché si comprino poltrone in seta damascata per gli alunni delle elementari, fa niente se per questo dovranno chiudere le scuole al Sud. Mentre, salvo rare eccezioni, parlamentari del Sud, presidenti e consiglieri delle Regioni meridionali, dirigenti di partito (dagli “ascari per Salvini” al Pd) stanno zitti, in attesa del momento adatto per dire una cosa o il contrario, e “posizionarsi” all’ombra della corrente giusta, del cavillo (o del cavallo) giusto, salvare se stessi e tirare a campare finché dura, per essere gli ultimi a essere calpestati.

Forse è ora che cominiciamo a indirizzare l’appello del professor Viesti contro “La secessione dei ricchi”, ai rappresentanti di ogni partito eletti nel Sud, al Parlamento, alle Regioni, ai Comuni, e a chiedere loro: «E tu che fai? Da che parte stai?». Fingono di non sapere o starci a pensare, terrorizzati dal rischio di dover scegliere.

La Lega, il Pd, il M5S, il centrodestra del Nord non aspettano: tutti d’accordo nel condurre il saccheggio; quando la politica si fa geografia, le distinzioni partitiche svaniscono nelle nebbie padane, mentre i don Abbondio terroni cacano dubbi.

La segretario nazionale della Cgil, Susanna Camusso, ha firmato l’appello di Viesti; e gli iscritti al suo sindacato sono ovunque, a Nord e Sud. Se lo ha fatto, vista la natura del suo impegno sociale e politico, è perché condivide la preoccupazione di un “regionalismo” che vuole qualità e quantità diverse di diritti, secondo la ricchezza e non secondo equità.

La truffa della “Autonomia” per il “regionalismo differenziato” comporta che, insieme alle competenze (sino a 23) siano trasferite dall’amministrazione centrale a quella regionale le risorse relative. I manolesta veneti più esplicitamente, quelli lombardi in modo più sfumato (gli emiliani aspettano con il cesto sotto i rami che altri scuotano l’albero) hanno inserito nella proposta di legge una clausola per cui le risorse relative dovranno essere proporzionali al gettito fiscale della Regione e non ai servizi da rendere ai cittadini e che dovrebbero essere uguali per tutti. Come dire che per far studiare un ragazzo italiano, o assistere un italiano malato, devi prendere in considerazione non quanto costa questo servizio, ma quanto è ricca la regione in cui vive. Così, quelle con il reddito più alto avrebbero più soldi, e quelle povere, una ceppa. Ma così i ragazzi non possono studiare (già ci sono paesi al Sud, in cui gli alunni devonoi fare 50 chilometri per andare a scuola) e i malati terroni non possono più curarsi (già uno ogni 14 ci ha rinunciato: non può più permetterselo)? Peggio per loro: è il “regionalismo differenziato”, bellezza.

Il padre ispiratore di questi criteri, il professor Luca Antonini, con cui il presidente del Veneto, Luca Zaia, condivide “i valori” e di cui è sfrenato sponsor, con il governo Lega-M5S è stato subito eletto alla Corte Costituzionale; così potrà eventualmente votare sulla costituzionalità dei criteri da lui suggeriti. Wow!

E i nostri presidenti di Regione, i consiglieri, i parlamentari a inaugurare la sagra del percorino.

È stato un giovane economista calabrese a scoprire il trucco delle risorse rapportate al gettito fiscale infilato nel “patto” firmato dal governo Gentiloni con le Regioni secessioniste (tali di fatto, spiegano grandi giuristi ed economisti, quali i professori Carlo Cammelli, Gianfranco Viesti, Vito Tanzi). Nessun parlamentare o altro rappresentante del Sud se ne era occupato; e peggio ancora se lo sapevano e sono stati zitti e complici.

Dopo il successo dell’appello-Viesti (decine di docenti universitari hanno firmato, e scrittori, giornalisti, diversi parlamentari meridionali del M5S, qualche dirigente nazionale e locale del Pd, consiglieri regionali del centrodestra in Calabria, la segretaria nazionale della Cgil, Susanna Camusso, artisti come Al Bano, Nandu Popu e quasi 12mila cittadini, finora), i rapprersentanti del Partito Unico del Nord hanno strillato. Con una mossa che getta di schizzi di discredito su quel che resta del Pd, i gruppi consiliari Pd delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno emesso un documento congiunto per chiedere al segretario del partito, Maurizio Martina (cui non sembrerà vero che qualcuno se ne sia ricordato) di chiedere al governo Lega-M5S che il varo della “Autonomia” sia priorità! È quello che chiede la Lega, nel “contratto” con i cinquestelle, con quelle stesse parole. Non solo: i “Piddini per Salvini” rivendicano la loro primogenitura nella corsa verso la “Secessione dei ricchi”, come dire “I veri leghisti siamo noi, non Salvini, Zaia…”. E Martina va in Veneto e li rassicura!

E i dirigenti, iscritti, parlamentari, amministratori meridionali del Pd? Siete d’accordo? Buono a sapersi: vi meritate quello che vi stanno facendo (il guaio è che lo fanno anche a chi vi ha eletto, alle vostre città, alle vostre regioni). Non siete d’accordo? E quando lo dite? Fate qualcosa o no? Dov’è il documento congiunto dei consiglieri regionali Pd del Sud che sputtana la gara dei “Piddini per Salvini” a chi è più leghista?

Né sono da meno i cinquestelle del Nord, che la gara con la Lega l’hanno fatta sui referendum e hanno collaborato a scrivere il quesito di quello lombardo.

Tanto di cappello a quei dirigenti politici del Sud che si sono espressi (ogni tanto ne riportiamo l’elenco) contro “La secessione dei ricchi”: almeno i loro elettori sanno di non essere stati traditi.

Ora, dinanzi alle obiezioni di tanti professori fra i più stimati, per competenza, nel nostro Paese (e non solo: Vito Tanti, per dire, 60 anni di carriera negli Stati Uniti, docente alla Washington university e dirigente del Fondo Monetario internazionale), dal Partito Unico del Nord arrivano precisazioni: le risorse che saranno trasferite sono quelle di sempre, “spesa storica”. Lo dice Eika Stefani, veneta e leghista come Zaia, ministra alle Regioni; lo dice il potentissimo sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Insomma: quello che spendeva lo Stato spenderanno le Regioni. Non di più.

Tanto, noi abbiamo l’anello al naso: il collegamento fra entità delle risorse e gettito fiscale (per trattenere i 9/10 delle tasse, nelle mire leghiste) è nero su bianco e carta intestata nel progetto di legge controfirmato da Gentiloni. Saremo pure terroni (di merda, colerosi, topi, porci, e continuate voi “terroni per Salvini”?), ma sappiamo ancora leggere. Il primo anno sarebbe spesa storica. Poi, la paraculata da giocatori di tre cartealla fiera del culatello. Se passa la cosiddetta Autonomia, con una corsia preferenziale che non ha senso né logica, poi bastano piccole modifiche per collegarla con le percentuali volute al gettito fiscale.

Tutta questa fretta, mentre da 17 anni si aspetta di definire il valore dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, ovvero: quanto costa assicurare ai cittadini italiani i diritti fondamentali uguali per tutti. Se non fai prima questo, come puoi sapere quanto dare a ogni Regione? Se le Regioni più ricche prosciugano prima la cassa, come finanzi i diritti degli altri? Chi volete prendere per il culo! Volete la secessione? Si fanno i conti e chi ha preso di più restituisce. O preferite la secessione senza farla davvero, per non restituire un secolo e mezzo di furti?

Certo, come non capirvi: se per controparte avete amministratori regionali, parlamentari del Sud che vi lasciano fare quel che volete, gattonando sotto i tavoli per contendersi le briciole, perché non dovreste farlo? Anzi: ci si meraviglia che non facciate di peggio (un grande giornalista diceva che c’è gente che pagherebbe per potersi vendere).

Ma il Mezzogiorno non è solo classe dirigente coloniale asservita; come il Nord non è solo di predoni razzisti. Chi ha a cuore l’equità si vergogna del privilegio che priva l’altro del necessario. L’ondata che sta montando e che non volete ancora capire nella sua portata sta per travolgervi: nel 2015 il Sud votò in blocco per il centrosinistra; tradito, bocciò il referendum-truffa del bullo anti-meridionale Renzi con percentuali bulgare; e poi ha premiato, a valanga, il M5S, per beccarsi la Lega al governo e l’immunità penale per l’inquinamento e le morti siderurgiche a Taranto. Il Sud vuole essere rappresentato e non più usato. Chi pensa di poterlo ancora fare è fuori dalla storia.

Lo scollamento fra classe dirigente coloniale del Sud e popolazione non potrebbe essere più ampio ed evidente. Mentre quella del Nord è tutt’uno con le aspettative e persino le pretese di cui è strumento e rappresentanza. Pur se la cosa si riduce a soldi soldi, soldi, in qualsiasi modo e a qualsiasi costo.

E i rappresentanti del Sud tacciono. Se usassimo ogni mezzo utile per svegliarli?

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